CONFINI DA GAUGUIN A HOPPER
Canto con variazioni
Villa Manin, Esedra di Levante, Passariano di Codroipo (Udine)
11 ottobre 2025 – 12 aprile 2026
Mostra a cura di Marco Goldin, promossa dalla Regione Friuli Venezia Giulia e da ERPAC FVG
all’interno del programma di “GO! 2025&Friends” per celebrare Nova Gorica – Gorizia Capitale europea della Cultura
Coordinamento organizzativo di
ERPAC FVG – Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia

Ben 136 capolavori di una cinquantina di grandi artisti dell’Ottocento e del Novecento e provenienti da 43 musei europei e americani. Una mostra unica, di respiro internazionale e allestita negli spazi restaurati dell’Esedra di Levante del magnifico complesso dogale di Villa Manin a Passariano di Codroipo, in provincia di Udine.
È “Confini da Gauguin a Hopper. Canto con variazioni”, l’attesissima esposizione che apre al pubblico il prossimo 10 ottobre, uno degli eventi di punta di GO! 2025&Friends, il cartellone di appuntamenti che affianca il programma ufficiale di GO! 2025 Nova Gorica – Gorizia Capitale europea della Cultura, offrendo proposte culturali in tutto il territorio regionale.
Promossa dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dall’Ente Regionale per il Patrimonio Culturale – ERPAC FVG, la mostra è stata progettata e curata da Marco Goldin, con l’organizzazione dello stesso ERPAC FVG e di Linea d’ombra.
In quello che potrebbe essere definito a pieno titolo il “museo ideale” dell’arte internazionale degli ultimi due secoli, i visitatori vengono accompagnati in un emozionante percorso delle meraviglie e poi coinvolti in un piacere visivo che va di pari passo con il coinvolgimento e la riflessione intorno a un tema di eterna attualità, quello dei “confini”: fisici, geografici, culturali, i propri intimi confini, il qui e l’altrove, il qui che si fa altrove, confine come limite e come punto di partenza…
La mostra prende avvio da una sala introduttiva, che già ne delinea i contenuti: alcuni capolavori, anche di grandi dimensioni, come le opere di Anselm Kiefer e Mark Rothko, dove il confine si fa, seppure in modo diverso tra i due, dilagante, a fissare linee che sono orizzonti. E ancora la famosissima “Onda” di Gustave Courbet, movimento verso l’immenso, vicina all’unione di montagne e cielo fissati sulla tela da Ferdinand Hodler. Per poi andare a Monet che, con “La chiesa di Varengeville”, va a proporre spazi sul mare di cui non si intravede la fine.
I due successivi percorsi sono riservati al confine interiore, allo sguardo dentro sé stessi, all’autoritratto. La sequenza è mozzafiato: Munch, Gauguin, Van Gogh, Hodler, Kirchner… Poi la galleria di splendidi ritratti: Courbet, Manet, Degas, Renoir, Modigliani, Bacon, Giacometti, nella ricerca nei volti di un confine quotidiano, anche con tutte le “bruciature” novecentesche.
Le successive due sale (la terza, fondamentale area) sono dedicate al rapporto tra l’uomo e la natura, figure e spazio soprattutto nella grande pittura americana tra Ottocento e Novecento. Molte sono le opere che per la prima volta giungono in Italia e in Europa, dai protagonisti della “Hudson River School” per giungere alla figura chiave di Homer a cavallo tra i due secoli, e poi nel Novecento soprattutto Hopper e Diebenkorn, due artisti che hanno reso la pittura americana uno scrigno di meraviglie. Infine, le modulazioni fantastiche di Andrew Wyeth. Per tornare quindi in Europa con l’interpretazione del rapporto figure e natura in grandi maestri come Segantini, Böcklin e Matisse.
“Alla ricerca del Paradiso perduto” potrebbe essere indicato come tema della quarta, ampia sezione. Eden esotici o più prossimi, espressi in opere universali, pietre miliari della storia dell’arte, da Gauguin a Monet, da Van Gogh a Cezanne e Bonnard.
Quando la ricerca dei confini non porta gli artisti verso la dimensione del lontano, accade che quei confini si spingano a farsi vicinanza, confidenza d’immagini altrimenti distanti. A questo è dedicata la quinta sezione, dove una quarantina di straordinarie xilografie giapponesi, raccolte in due successive sequenze (per non esporre troppo a lungo alla luce quei fogli preziosi), sono presenti. Provengono da un’unica collezione privata, con i maggiori nomi dell’ukiyo-e, da Utamaro a Eisen, da Hokusai a Hiroshige.
Monet e Van Gogh possedevano molte centinaia di quelle xilografie. L’arte, e quella francese in primis, ne fu ampiamente toccata. Il confine si tendeva al di là degli oceani e raggiungeva chi aveva lo spirito giusto per accogliere quel mondo incantato.
Tutto questo, già tantissimo, non è che il preludio per il gran finale di una mostra che resterà nella memoria di chi avrà la fortuna di ammirarla.
Impossibile sintetizzare ciò che attende i visitatori nella sesta sezione, che occupa l’intero piano terra dell’Esedra, con 60 opere che conducono verso i diversi confini compresi negli elementi naturali: montagne, mari, cieli e infine l’Universo. Insieme ad artisti come Caspar David Friedrich, l’immenso romantico tedesco, anticipatore tra l’altro delle atmosfere della pittura americana del primo Ottocento, di Cole, Bierstadt e Gifford.
A irrompere, a questo punto, è la montagna Sacra di Cezanne, la Sainte-Victoire, affiancata dalle cime dipinte da Hodler e dalle alpi svizzere di Segantini, a saldare l’immagine di vette con l’eterno della natura.
E il mare, confine da percorrere e attraversare: William Turner e Gustave Courbet, poi Monet. E ancora, Bonnard, Nolde, De Staël, qui in una sequenza mozzafiato nel segno dell’arancio del tramonto.
Il cielo, sopra a tutto, quando a interpretarlo sono Friedrich, Turner, Constable, Boudin, per sfociare infine nei cieli impressionisti di Monet, Sisley, Pissarro. Il passaggio tra Ottocento e Novecento è segnato dai cieli dipinti da Munch, e ancora Monet, Piet Mondrian, Edward Hopper, Emil Nolde.
Un’intera sala è riservata alle ninfee di Monet, in cui il cielo di Normandia si specchia nello stagno di Giverny. Mentre arriva la transizione verso i cieli piatti di De Staël sopra la Senna a Parigi, per assurgere ai cieli interiori di un pittore immenso come Mark Rothko.