Il Museo Bandini
Nel fiesolano museo Bandini è conservata ed esposta al pubblico la collezione di dipinti e terrecotte del canonico Angelo Maria Bandini, nato a Firenze nel 1726 e morto a Fiesole nel 1803.
Appassionato collezionista di libri, erudito autore di numerose pubblicazioni e membro di numerose accademie, fu bibliotecario della Biblioteca Marucelliana e poi della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze.
Dopo aver vissuto a Firenze, acquistò nel 1795 e restaurò poi, negli anni seguenti, il piccolo complesso di Sant’Ansano sulla collina fiesolana: lì allestì il suo museo e lì morì nel 1803 lasciando la sua ricca collezione al Vescovo e al Capitolo di Fiesole, una raccolta costruita anche con la volontà di documentare, in alcune linee fondamentali, la storia della pittura fiorentina e toscana tra Medioevo e Rinascimento.
Dopo la morte del Bandini, sepolto in Sant’Ansano, la collezione passò un periodo difficile, finché, anche su sollecitazione degli organi di tutela, preoccupati per le condizioni in cui si trovavano le opere, fu deciso di dedicare alla raccolta un nuovo museo. Questo, denominato “Museo Bandini”, fu inaugurato nel 1913 in un nuovo edificio progettato dall’architetto Castellucci nelle vicinanze del teatro romano.
Negli anni successivi è stato più volte aggiornato il progetto espositivo e, dopo lunghi lavori di restauro e risanamento degli ambienti, il museo si è arricchito anche di opere provenienti dal vasto territorio della Diocesi.
Oltre alle opere più antiche della collezione, dalla tavoletta in avorio raffigurante una Santa e databile all’XI secolo, al rilievo in steatite e tempera e oro su legno raffigurante l’arcangelo Gabriele (XII secolo), le due sale al piano superiore sono indubbiamente caratterizzate dalla cospicua presenza delle tavole “a fondo oro”.
Di particolare evidenza il vetro graffito a oro e dipinto attribuibile alla bottega di Giotto e databile nel secondo decennio del XIV secolo.
A centro sala è collocata la Madonna del Parto di Nardo di Cione, fratello di Andrea, quest’ultimo conosciuto con il nome di Orcagna.
Ampio il quadro delle opere della pittura gotica fiorentina con artisti della seconda metà del Trecento come Giovanni del Biondo, Lorenzo Monaco e Lorenzo di Bicci. Allievo di Filippo Lippi è invece Jacopo del Sellaio (1442-1493), in realtà Jacopo di Arcangelo chiamato “del Sellaio” dal mestiere del padre, del quale il Museo ospita i Trionfi, l’unica opera di tema profano della collezione, fedele trasposizione in pittura dell’opera omonima del Petrarca (1304 – 1374).
La cospicua presenza di terrecotte smaltate nella collezione del canonico Bandini è una delle prime testimonianze di apprezzamento verso questa forma d’arte. Sono presenti, nella collezione, opere di Andrea della Robbia e dei suoi figli Giovanni, Luca, Girolamo e Marco; accanto a queste, opere di Benedetto Buglioni e di suo nipote Santi, diretti concorrenti dei Della Robbia.
Tra le opere più significative vogliamo citare l’Effige ideale di giovanetto entro ghirlanda attribuito a Andrea della Robbia, databile intorno al 1500.
Nella sala 4 si trovano opere, recentemente restaurate, provenienti dal vasto patrimonio della Diocesi e solo in parte originariamente appartenenti alla collezione Bandini: tra esse il grande tondo di Luca Signorelli (1445 – 1423), raffigurante la Madonna col Bambino tra i santi Girolamo e Benedetto databile verso il 1500 e proveniente da Castel di Poggio vicino a Fiesole.
Recentissimo l’ingresso in Museo di alcuni pezzi straordinari: le mensole marmoree originariamente collocate nel Battistero fiorentino della prima metà del ‘300, lo stucco tinto a bronzo attribuito al Giambologna (1529 – 1608) con l’ Adorazione dei pastori e infine, di qualità straordinaria, la terracotta policroma dipinta a freddo raffigurante la Madonna con il Bambino di ambiente del Brunelleschi
La Cappella di San Jacopo
E’ l’antico Oratorio del Palazzo Vescovile costruito dal vescovo Jacopo il Bavaro (1027-1039). Nei primi decenni del ‘400 fu fatta affrescare la parete di fondo con una rappresentazione della Incoronazione della Vergine Maria fra angeli e santi. L’affresco è stato attribuito a Bicci di Lorenzo, pittore fiorentino operoso dalla fine del Trecento alla metà del Quattrocento, molto apprezzato nell’ambiente fiesolano dove lasciò traccia di sé in Duomo e in San Francesco. La Cappella ospita oggi una ricca collezione di oreficerie liturgiche che testimoniano la ricchezza e la vitalità storico-artistica del territorio compreso nella vasta Diocesi di Fiesole.
Gli oggetti più antichi conservati risalgono al XII secolo, in particolare alcune croci le quali, sia dal punto di vista strutturale (i bracci patenti e la loro lunghezza poco differenziata) sia dal punto di vista iconografico (le figure dei Dolenti rappresentate a tre quarti della loro altezza, San Michele Arcangelo e il Golgota, quest’ultimo in una forma assai stilizzata, il Cristo triumphans) trovano precisi agganci con altre suppellettili analoghe diffuse su tutto il territorio toscano. E’ nel XV secolo che possiamo osservare alcuni degli arredi più famosi e prestigiosi nella storia dell’oreficeria toscana: la mitria appartenuta al vescovo fiesolano Leonardo Salutati, ricca di smalti avvicinabili ad un generico stile ghibertiano, databile tra il 1456 e il 1466, e il piccolo calice con lo stemma della famiglia Medici, in cui la presenza della palla blu con i gigli di Francia lo pone dopo il 1464. Questi esempi, emblematici di una ricchezza che doveva essere assai più vasta di quanto ora ci è dato osservare, sono affiancati da altri oggetti altrettanto significativi dal punto di vista del documento liturgico anche se lo sono meno dal punto di vista artistico. Di particolare rilievo la presenza di orafi cinquecenteschi: Girolamo di Martino Spigliati, fratello del più celebre Piero, ci ha lasciato nel 1568-69 una croce eseguita per la chiesa di Santa Maria Primerana, il cui fondo smaltato con motivi a stilizzatissime moresche ne fa un unicum nella storia dell’oreficeria toscana e la differenzia dall’analoga croce e dal Busto di San Romolo della Cattedrale, a lui attribuibili, più tradizionali nell’impostazione. Alla Cattedrale appartiene anche il pastorale, databile intorno al 1570, il quale si adegua a simili esemplari creati a seguito dei dettami controriformati di Carlo Borromeo, fase nella quale sono situabili anche alcuni calici “tondi” e privi di decorazione. Tra gli arredi databili al XVII secolo si evidenzia, a fianco di una serie di calici in argento di manifattura fiorentina, un ostensorio in argento sbalzato e cesellato, datato al 1671 e riconducibile, come indicano inequivocabilmente i marchi riscontrati sul piede, ad una bottega locale. Di notevole eleganza è poi un calice proveniente da Nipozzano, realizzato dal noto orafo fiorentino Francesco Vandi. Di particolare pregio e qualità appaiono le suppellettili di produzione settecentesca: si tratta per lo più di ostensori e calici in argento riconducibili all’ambito della produzione delle più importanti botteghe orafe fiorentine del tempo. Di particolare raffinatezza si rivela il piccolo vassoio con tesa sbalzata con un accurato motivo a foglie d’acanto che, per la presenza del marchio della torre fuori campo, è da ascrivere all’argentiere Cosimo Mari. Nell’ultima vetrina, infine, sono esposti arredi di epoche differenti (dalla seconda metà del Settecento fino al primo decennio del XX secolo): tra questi si segnalano, in particolare, una preziosa legatura di messale in lamina d’argento commissionata nel 1762 dal marchese Niccolò Guadagni e un calice sempre in argento, riconducibile alla produzione della bottega Codacci.
Marco de Marco,
Conservatore museale dei Musei di Fiesole