Resterà aperta fino al 15 febbraio la mostra allestita a Palazzo Fava di Bologna che consente di riscoprire un capolavoro dell’arte emiliana ricomposto dopo trecento anni: Il Polittico Griffoni.
Dopo la chiusura al pubblico e la proposta di una visita virtuale sul web a causa delle misure restrittive legate alla pandemia, l’apertura della mostra è stata prorogata fino al 15 febbraio.
Nella suggestiva cornice di Palazzo Fava, tra gli affreschi dei Carracci, rinasce l’opera di Francesco del Cossa ed Ercole de’ Roberti smembrata nel Settecento nei suoi elementi costitutivi oggi esposti in vari Musei del mondo.
È il 1470 quando a Bologna Floriano Griffoni, appartenente ad una ricca famiglia notarile, si aggiudica l’ambito patronato di una Cappella della Basilica di San Petronio.
Floriano Griffoni sceglie di dedicare la cappella a Vincenzo Ferrer, proclamato Santo solo 15 anni prima, e affida la realizzazione della pala d’altare a Francesco del Cossa (Ferrara, 1436 – Bologna, 1478), al servizio degli Este di Ferrara. L’artista sceglie come aiutante il giovane e talentuoso Ercole de’ Roberti (Ferrara, 1451/1456 – Ferrara, 1496). Dall’eccezionale sodalizio nasce un Polittico composto da 17 (o forse 21) figure racchiuse in un’imponente cornice intagliata da Agostino de Marchi da Crema ma della quale non resta nulla.
Il soggetto venne probabilmente scelto in accordo con i Domenicani: Vincenzo Ferrer era, infatti, stato canonizzato da poco (1455) e l’Ordine era impegnato in una forte opera di diffusione del culto.
Il Polittico – realizzato a tempera su tavola – rimase nella Cappella fino agli inizi del 1700. A quel periodo risale la decadenza della famiglia Griffoni, legata ai Bentivoglio e ad altre nobili casate bolognesi coinvolte in continui scontri politici tra fazioni diverse. Di tale difficoltà approfittò l’ambizioso Cardinale Pompeo Aldrovandi che si impadronì dei beni dei Griffoni.
Aldrovandi scambiò la cappella con una più importante – nella quale volle collocare il suo sepolcro e quello di San Petronio – e dispose che il Polittico fosse smembrato in quadri da camera per la residenza di campagna di famiglia a Mirabello, nei pressi di Ferrara dove rimasero esposti fino al 1731. Dopo tale data, anche a causa dell’evoluzione dei gusti e delle tendenze, andarono dispersi e furono immessi sul mercato antiquario in lotti separati. Nel tempo, con alterne fortune, furono acquistati tra diversi collezionisti e ad oggi sono di pertinenza di nove Musei.
Nel Saggio Officina Ferrarese del 1935, Roberto Longhi ipotizzò una possibile ricostruzione del Polittico: alla mano di Francesco Del Cossa furono ricondotti gli scomparti principali – quelli inferiori di gusto più moderno con sfondi architettonici e quelli superiori più arcaici col fondo oro – nei quali, soprattutto nella resa prospettica, nella monumentalità dei personaggi e nella luminosità, si avverte l’influsso di Piero della Francesca; le figure della predella con le “Storie di san Vincenzo Ferrer” – oggi alla Pinacoteca Vaticana – e quelle dei santi nei pilastrini laterali furono attribuite, invece, ad Ercole de’ Roberti. Negli anni Ottanta venne ritrovato uno schizzo del Polittico allegato a una corrispondenza di Pompeo Aldrovandi che confermò quasi totalmente l’esattezza dell’ipotesi ricostruttiva di Longhi.
La ricostruzione in resina dell’opera ottenuta con una stampante 3D – a cura di Cecilia Cavalca – visibile in mostra è finora la più attendibile e prevede la presenza di otto figure di santi sui pilastrini laterali.
Il Polittico – nel quale si sperimenta una nuova resa dello spazio e dei volumi – è espressione di una fase proficua e cruciale della storia dell’arte italiana alla quale Francesco del Cossa ed Ercole de’ Roberti partecipano appieno. È in questo contesto che Bologna riveste un ruolo fondamentale nel panorama dell’arte Rinascimentale. Nel ricostruire la straordinaria vicenda del Polittico Griffoni, la mostra fa luce anche sulla storia della città.
L’idea della quale nasce l’ambizioso progetto espositivo è quella di riunire, nella città d’origine, le 16 tavole finora rintracciate che componevano il Polittico grazie agli eccezionali prestiti di tutti i Musei proprietari: National Gallery di Londra, Pinacoteca di Brera di Milano, National Gallery of Art di Washington, Collezione Cagnola di Gazzada (Va), Musei Vaticani, Pinacoteca Nazionale di Ferrara, Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, Collezione Vittorio Cini di Venezia, offrendo al pubblico l’occasione di ammirare questo capolavoro del ‘400, per la prima e forse unica volta, ricomposto secondo lo schema originale assieme ad alcuni documenti che ne hanno guidato la ricostruzione, come il disegno eseguito da Stefano Orlandi nel 1725 e dunque prima dello smembramento. Mancano le due tavole raffiguranti ” Santa Apollonia” e ” San Michele Arcangelo” conservate al Louvre, il cui prestito è stato bloccato dalla chiusura delle frontiere a causa della pandemia.
La mostra si articola in due sezioni: la prima – Il Polittico Griffoni rinasce a Bologna – curata da Mauro Natale in collaborazione con Cecilia Cavalca e con il sostegno della Basilica di San Petronio, è incentrata sulla pala d’altare e sul contesto storico artistico in cui venne eseguita;
la seconda – La Materialità dell’Aura. Nuove Tecnologie per la Tutela – curata da Adam Lowe, Guendalina Damone e il team di Factum Foundation, è dedicata all’importanza delle nuove tecnologie nella tutela e nella condivisione del patrimonio culturale. Grazie all’alta digitalizzazione delle immagini emergono nitidamente tutti i dettagli di questo capolavoro del Rinascimento. In questa sezione è visibile anche la prima scannerizzazione digitale del celebre Compianto sul Cristo Morto di Niccolò dell’Arca – conservato presso la chiesa di Santa Maria della Vita – esemplare unico di statuaria in terracotta rinascimentale.
La straordinarietà del Polittico è legata non solo alla sua vicenda storica ma alla presenza di dettagli artistici unici come la luminosità dei colori, la veridicità dei caratteri, le pose e i soggetti, la capacità delle figure di parlare agli osservatori. E ancora la monumentalità e l’eleganza delle architetture, la grazia dei dettagli fisici, i particolari delle vesti e i meravigliosi sfondi paesaggistici…tutto in una coinvolgente cornice di ori e azzurri brillanti.
Ed è in questa cornice che oggi, dopo secoli, le figure dei Santi si sono ritrovate e di nuovo dialogano tra loro.
Paola Viola
Info
documentazione fotografica per gentile concessione dell’ufficio stampa Genus Bononiae. Musei nella città– Mec&Partners