Da chiesa a ristorante: trasformazione di un edificio in Belgio

“La prima volta che ci sono entrata la commozione è stata tale che ho pianto”: lo ha detto una cliente del ristorante “The Jane” ad Anversa. La maestosità delle volte, l’ampiezza delle finestre, l’eleganza dell’enorme lampadario dai lunghi sottili bracci culminanti in decine di lampadine che occupano tutto il volume: questo l’insieme che desta tanta emozione. Ma l’edificio era una chiesa, e a guardare la facciata la si potrebbe dire ancora tale.

L’articolo, che riprendiamo qui sotto, è tratto dalla rivista Architectural Lighting ed è intitolato “Haute Illumination”, derivato da “haute cuisine”, o “haute couture”: alta cucina o alta moda. “Volevamo creare un ambiente caldo e di carattere internazionale” ha detto Sergio Herman, uno dei due chef che hanno deciso l’apertura del ristorante.

Interessa qui considerare il significato di questa trasformazione, da chiesa a ristorante. Perché è ricco di sottotoni, di spunti, di interrogativi: la chiesa non è il luogo dove ci si riunisce per ricordare e celebrare un pasto, un’ultima cena celebrata nella “stanza di sopra” nell’atmosfera familiare che doveva sussistere tra Gesù e i suoi discepoli? Non è dunque giusto e anche bello che per un ristorante che desidera essere accogliente e allo stesso tempo aulico, si scelga proprio il volume di una chiesa: di una chiesa “che sembra una chiesa”? E ancora: oggi moltissimi criticano le tante chiese realizzate con taglio architettonico contemporaneo, che possono sembrare garage, magazzini, discoteche… Ma non può valere anche il reciproco: cioè che una funzione di natura affatto diversa da quella liturgica trovi ricetto in uno spazio che sembra una chiesa, proprio perché lo era, e che quindi la chiesa di muri divenga altro da sé? Come in questo caso, in cui diviene ristorante: ma vi sono casi di edifici costruiti per ospitare le funzioni liturgiche che sono stati ristrutturati per l’amministrazione pubblica cittadina, o come sale espositive, e non ci sarebbe da stupirsi se si trovassero chiese divenute discoteche. Durante il regime comunista in Russia alcune chiese furono destinate ad usi molto diversi rispetto a quelli per il quale erano sorte.

Insomma, il problema di “sembrare” una chiesa o di “essere” una chiesa si presenta piuttosto complicato. Si potrebbe dire che proprio la nobiltà dell’origine di quell’edificio belga fa sì che sia stato tanto apprezzato oggi come ristorante. Ma il fatto che sia usato come ristorante, come del resto altri edifici nati come chiesa sono usati quali aule consiliari o teatri o notissimo tra tutti è il caso di Santa Sofia divenuta moschea, dimostra anche, dall’altro lato, che non è l’edificio che “fa” la chiesa. Ma semmai la chiesa che “fa” l’edificio, ovvero l’assemblea dei fedeli che vivifica quello spazio e lo rende chiesa.

È altrettanto vero che l’edificio poi mantiene la memoria attiva del rito che vi si svolge: lo testimonia pur quando è vuoto, pur col suo silenzio. Lo testimonia perché le persone sanno che è lì che si sono ritrovate e hanno pregato assieme. O lo testimonia perché con la sua forma specifica invita le persone a riunirsi e a celebrare il rito?

E ancora: nel nuovo ristorante di Anversa la fonte della luce assume un ruolo cruciale. Il lampadario determina un centro chiaro da cui si irraggiano bracci che coinvolgono tutto lo spazio: è uno dei motivi di orgoglio per i proprietari e un elemento dal fortissimo valore segnico. Come nella chiesa, dove la luce (e quindi il modo in cui essa vi è convogliata dalle aperture o generata dalle lampade) ha una sostanziale importanza dai risvolti emotivi e dalle implicazioni simboliche.

Che cosa significa per la nostra società europea che vi siano tante chiese storiche che diventano luoghi diversi, e tante chiese contemporanee che fanno sorgere tante perplessità?

L’abito non fa il monaco, non l’ha mai fatto. E in fondo è un bene che sia così: che si sappia che è così. Altrimenti l’apparire diviene un modo per nascondere, e per travisare, e anche per ingannare: quanti lupi si possono trovare, travestiti da agnelli, nel mondo di oggi come in quello di ieri?

La chiesa che diventa ristorante può far sorgere tante riflessioni sul decadimento della cultura e sulla difficoltà della pratica religiosa nell’Europa contemporanea.

Ma può anche portare a riconsiderare come a volte si demandi troppo al piano dell’apparire e si tralasci invece il problema dell’essere. Ove la chiesa sa essere tale, sa anche esprimersi nelle sue forme appropriate, e sa conservare i suoi tesori. Ove non sa essere tale, non saranno le forme esteriori a renderla alla sua identità, e alla sua missione.

http://www.archlighting.com/hospitality-projects/haute-illumination_o.aspx?dfpzone=home&utm_source=newsletter&utm_content=jump&utm_medium=email&utm_campaign=ARCHLIGHTING_101414&day=2014-10-14&he=30fe45cb73f5b1751294bda3ffb77c67197afdd1

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