Il rito della “Taledda”

Durante la celebrazione della notte di Pasqua, al canto del Gloria,” ‘a Tila viene mollata dall’alto lasciandola cadere liberamente e svelando l’Altare Maggiore, dove appare la statua del Cristo Risorto”. E’ questo il rito della “Â calata ‘a Tila”, un rito che appartiene al teatro liturgico barocco. Un rito tramite il quale si teatralizzava quello che si celebrava e che appartiene alla logica delle “Velatio” o dell’esposizione delle Tele della Passione quaresimali”. Una consuetudine questa, legata alla penitenza propria del tempo liturgico. In molte chiese particolarmente nel territorio siciliano, è costume addobbare con drappeggi colorati le pareti e i luoghi dove si celebrano le sacre funzioni durante le solennità della Pasqua. Durante i riti della Settimana Santa era infatti usanza velare l’altare con panneggi che manifestavano una dimensione penitenziale dell’intera comunità religiosa, prima della Risurrezione. Questo rito, ancor oggi osservato in molte chiese siciliane è noto come “calata della tila”; e rappresenta ancora quella cultura che si manifesta nella teatralità dell’azione tipica dell’Età barocca. La taledda rispondeva a questo presupposto, tanto che la sua collocazione sull’altare maggiore risultava una soluzione felice per far sì che il messaggio arrivasse a tutto il popolo. […]. Come da più autori accertato, non è possibile ancora oggi fare chiarezza sull’origine di questo termine, ma si potrebbe ipotizzare che esso derivi dalla parola dialettale “tila o tiluni”, tela o telone in italiano, proprio perché la taledda altro non è che una tela di grandi dimensioni sulla quale venivano raffigurate scene della Passione del Signore. Nel periodo della Quaresima era preludio alla Resurrezione del Cristo. “Sete, rasi viola e purpurei ricoprivano altari e nascondevano croci, costituendo talvolta veri e propri sipari”.. La taledda. in stoffa di lino grezzo, era dipinta a tempera monocroma con sfumature del nero, del grigio e del blu. In essa in molti casi viene rappresentata la Crocifissione in tonalità grigia. Questa scena ma anche la tela stessa emana una straordinaria potenza emozionale e figurativa. Veniva lasciata cadere per scoprire l’immagine del Cristo risorto effettuando così il rito della “calata a tila” La notte del Sabato Santo venivano pronunziate le parole del Passio, (la narrazione della Passione), “velum templi scissum est” (Il velo del tempio si squarciò) e si calava la tela, a quel punto appariva sfolgorante sullo sfondo la statua del Cristo risorto. Il fine del rito era quello di rendere più scenografica possibile la bellezza di Dio per coinvolgere emotivamente lo spettatore. E’ un prodotto artistico settecentesco che ebbe una straordinaria diffusione in Sicilia, diventando essa stessa uno strumento di divulgazione del messaggio cristiano. La taledda come elemento scenografico innovativo per i cantieri chiesastici, “così come avvenne con successo nella Roma barocca, ma anche in Sicilia con particolare riferimento alla Val di Noto”. Qualunque taledda aveva il potere di attrarre lo sguardo del fedele, non solo per la raffigurazione che essa offriva, “ma anche perché la storia narrata era in grado di scuotere le coscienze più ostinate, diventando uno strumento di riflessione sulla morte del Salvatore”. “Propter nos homines” (a causa di noi uomini),. Le “taledde” vengono rimosse nella solenne veglia pasquale con il rito della “calata a tila” che finalmente svela il Cristo Risorto donando ulteriore forza e potenza alla liturgia pasquale. Risalgono al periodo compreso tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento e riprendono una tradizione artistica che probabilmente risale a secoli anche precedenti. La maggior parte degli esempi, che oggi possiamo osservare di queste opere, si presentano di un unico color turchino, ma non mancano esempi di tele colorate come quella ritrovata nella chiesa di Sant’Antonio Abate a Palermo. La scelta di una sfumatura tra il turchino e l’indaco è infatti pienamente confacente alle consuetudini liturgiche che prevedono l’uso di paramenti sacri viola, colori della penitenza e dell’attesa, durante il tempo di Quaresima che prepara alla Pasqua, culminante nella messa solenne della notte di veglia in onore del Signore. Di tele quaresimali “color turchino” se ne conservano splendidi esempi particolarmente in Sicilia. La tela, issata innanzi all’altare, invita a riflettere sull’infausta condizione umana senza la presenza del Redentore ed a ricercare il Deus absconditus nella propria coscienza. Il grande telo che nasconde il presbiterio viene, generalmente, lasciato cadere di botto, simulando l’apertura del sepolcro, al canto del Gloria in excelsis Deo.

Gaetano Ginex

 

 

 

“Â calata ‘a Tila”, chiesa Madre – Petralia Soprana , Palermo

 

 

Si ringraziano per  foto  e video :

il Parroco della  Cattedrale di S. Giovanni Battista, Ragusa

il Parroco  della Basilica di Sant’Agata – Montemaggiore Belsito, Palermo

il Parroco della  Chiesa Madre – Petralia Soprana, Palermo

 

 

Fonte: Fabrizio Occhipinti – Antonio Romano, Storici dell’Arte sulla Cattedrale di San Giovanni Battista a Ragusa
Fonte: Nada Alessandroni sulla Cattedrale di San Giovanni Battista a Ragusa
Fonte: Claudio Gino Li Chiavi, Gloria in Excelsis Deo: la tela della Passione
di Giovanni Patricolo, un raro esempio policromo, in La chiesa parrocchiale di Sant’Antonio Abate a Palermo. Ottocento anni fra storia, arte e vissuto religioso 1220-2020, C. Gino Li Chiavi, S. Grasso, D. Lo Piccolo, G. Mendola, C. Scordato, G. Tulipano. Facoltà Teologica di Sicilia, EUNOEDIZIONI 2020, Leonforte (En).
Fonte: (www.domenicani-palermo.it)

NOTA
Gesualdo Bufalino nel suo “Museo d’ombre” scrive: “‘A Taledda è, com’è noto, la grande tela, instoriata con la scena della Passione, che nasconde il simulacro della Madonna e che fino a pochi anni fa con la sua festosa caduta dava spettacolarmente inizio alle celebrazioni pasquali.”.:Gesualdo Bufalino OPERE 1981-1988, Classici Bompiani pag. 1349.

NOTA
Aldo Tebaldi Impressionantum: Perchè si chiama TALEDDA? Una volta abbondavano gli analfabeti, per loro l’unico modo di apprendere la storia delle sacre scritture erano le immagini. I più istruiti quindi gliele spiegavano indicando le varie scene… Talè ddà u Signruri n’Cruci…Talè dda Addurlurata ca cianci… Talè dda si stanu icannua a tuonica che dadi… Talè ddà, talè ddà..

NOTA
A questo proposito non mancano piccoli aneddoti originati dalla superstizione popolare al momento della caduta: se la taledda fosse caduta in modo corretto, ripiegandosi su se stessa, l’annata sarebbe stata favorevole, ma una eventuale caduta disordinata avrebbe preannunciato una cattiva annata. Si può immaginare quello che succedeva in quegli attimi, dove allo spirito di raccoglimento si sostituivano schiamazzi, discussioni e anche disordini. Fu questa infatti la motivazione che nel 1922 spinse il vescovo di Siracusa, mons. Giacomo Carabelli, a sospendere definitivamente questo rito che purtroppo costituì un grave nocumento nei confronti di queste opere d’arte, le quali vennero il più delle volte riposte nei luoghi più infamanti, dove le uniche creature vittoriose sono la polvere e l’umidità. (Alessandro Bongiorno, La maestosità delle “taledde” nel tempo di Quaresima, Ragusa 1984)

NOTA
In Sicilia era molto diffusa ed in particolare nelle zone della Provincia di Catania: Acireale, Cattedrale Maria Santissima Annunziata, Aci Sant’Antonio, chiesa Madre di Sant’Antonio Abate, Belpasso, chiesa Madre Collegiata di Maria Santissima Immacolata, Catenanuova, chiesa Madre di San Giuseppe, Grammichele chiesa dello Spirito Santo, Licodia Eubea, chiesa Madre Basilica di Santa Margherita, Mascalucia, chiesa Madre Madonna della Consolazione, Militello Val di Catania, chiesa madre di San Nicolò e del Santissimo Salvatore, Nicolosi, chiesa madre dello Spirito Santo.
Provincia di Ragusa: Giarratana, Basilica di Sant’Antonio Ab., Ragusa, Duomo di San Giorgio, Ragusa, chiesa cattedrale di San Giovanni Battista, , Vittoria chiesa Madre Basilica di San Giovanni Battista.
Provincia di Siracusa: Avola, chiesa madre di San Nicolò, Buccheri chiesa
Madre di Sant’Ambrogio, 1810), Ferla, chiesa Madre di San Giacomo, Melilli chiesa Madre di San Nicola.
Non mancano testimonianze anche nella Sicilia centrale come le cinque tele di Niscemi, chiesa Maria Ss.ma Addolorata; chiesa Madre di Santa Maria dell’Itria, chiesa di Sant’Antonio; chiesa di San Francesco d’Assisi, e quelle di Centuripe
chiesa Madre dell’Immacolata Concezione, Leonforte convento dei Cappuccini, e di Piazza Armerina Cattedrale Maria Santissima
delle Vittorie. Si segnala infine la tela policroma Novara di Sicilia, Duomo di Santa Maria Assunta e quella a monocromo di Mistretta chiesa Madre di Santa Lucia.

Fonte: La chiesa parrocchiale di Sant’Antonio Abate a Palermo. Ottocento anni fra storia, arte e vissuto religioso 1220-2020, C. Gino Li Chiavi, S. Grasso, D. Lo Piccolo, G. Mendola, C. Scordato, G. Tulipano. Facoltà Teologica di Sicilia, EUNOEDIZIONI 2020, Leonforte (En). 1220-2020

 

 

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