Le chiavi di una storia – La Comunità dell’Isolotto

 

Una Chiesa che contesta insieme al popolo nello spazio pubblico.

 Con le vicende dell’Isolotto di Firenze, parte la Rassegna di architettura all’Arena Borghesi di Faenza

Le chiavi di una storia – La Comunità dell'Isolotto
Le chiavi di una storia – La Comunità dell’Isolotto

 

 

L’Ordine degli Architetti di Ravenna proietta a Faenza il documentario su un’esperienza rivoluzionaria avviata negli anni ’50 da un parroco progressista e portata avanti dall’intera comunità. Il 16 luglio alle 21:30, il primo dei tre film in Rassegna.

 

L’Arena Borghesi di Faenza (via stradone 4) torna a ospitare la Rassegna cinematografica d’Architettura, ideata dal cineclub Il Raggio Verde in collaborazione con l’Ordine degli Architetti PPC di Ravenna. Tre proiezioni per tre sguardi rivoluzionari sulla società attraverso la lente dell’architettura, intesa come spazio pubblico in cui realizzare comunità, ma anche come scenario di riflessione sui rapporti umani e sui valori universali.

La straordinaria storia di partecipazione civica collettiva che unì politica e religione in modo orizzontale per accogliere gli emarginati è narrata nel primo appuntamento, il 16 luglio alle ore 21:30, dal titolo Le chiavi di una storia – La Comunità dell’Isolotto” di Federico Micali (ingresso gratuito) link al trailer. Il documentario racconta le vicende del quartiere popolare fiorentino dell’Isolotto sorto nel 1954, “la Città satellite” secondo il sindaco di allora Giorgio La Pira: la portata rivoluzionaria delle sue lotte per la pace, per i diritti degli ultimi e per un Vangelo discusso e interpretato dal popolo, portò allo scontro con il Vaticano. L’eco arrivò sui media di tutto il mondo (dal New York Times a Le Monde, da L’Espresso a Paese Sera) per diventare un modello di riferimento che ancora resiste.

Quartiere di nuova costruzione alla periferia di Firenze, concepito come città-giardino, vide prendere parola sacerdoti e operai insieme, che parteciparono così alle grandi battaglie di quegli anni per i diritti dei più deboli. Qui un’architettura dagli spazi umani e immersa nel verde, l’architettura della collettività come la piazza, il centro comunitario e la scuola, offrì alla gente il contesto per stare insieme, riflettere ed esprimersi pubblicamente sui grandi temi sociali. L’architettura diventò strumento per una società più egualitaria.

Federico Micali, regista fiorentino classe ‘71, che ha firmato, tra i suoi progetti più recenti, il docufilm “Looking For Negroni” (coprodotto da Rai Cinema, sull’invenzione del celebre drink), il documentario “Firenze sotto vetro” (con Pablo Benedetti, sulla vita sotto lockdown) e soprattutto il film “L’Universale” (ispirato alla storia del popolare cinema di Firenze), racconta questa storia attraverso una serie di testimonianze e l’uso di materiali di repertorio – molti dei quali mai utilizzati fino ad oggi – conservati presso l’archivio della comunità stessa. “Sono stato coinvolto dalla Comunità per la realizzazione di questo lavoro – ha detto Micali – e sono rimasto colpito soprattutto da questo senso di identità collettiva. Mi sono quindi indirizzato verso un racconto corale e condiviso, senza protagonisti né voci narranti di una storia paradigmatica e rivoluzionaria”.

C’è stato un momento in cui il quartiere popolare dell’Isolotto di Firenze è stato al centro dell’attenzione mediatica mondiale, ne scrivevano dal New York Times, al Guardian, al francese Le Monde: la contestazione del ’68 si era allargata per la prima volta alla chiesa dove un’intera comunità stava praticando le idee del Concilio Vaticano II, per una religiosità più aperta e senza potere. E l’Isolotto, quartiere operaio di periferia nato solo pochi anni prima, fu il luogo in cui coltivare legami nuovi e obiettivi comuni. Ma questi ideali trovarono una forte opposizione da parte dei vertici ecclesiastici, tanto da far decretare l’estromissione del parroco (don Enzo Mazzi, che fu solidale con l’occupazione del Duomo di Parma nel 1968) e provocare una reazione del quartiere capace di iniziare un’inedita esperienza di autogestione orizzontale e attenta alle disuguaglianze del mondo. Un’esperienza comunitaria cominciata in chiesa e proseguita nella piazza per oltre trent’anni.

Il film ritorna – attraverso foto e video d’epoca – ai primi attimi di vita del rione fiorentino: da quando nel ‘54, nel nuovo quartiere popolare dell’’Isolotto, arrivò don Mazzi (compagno di seminario di don Milani), il prete che passava dalla parrocchia al circolino comunista, che diceva messa guardando i fedeli e non dando loro le spalle, permettendone la traduzione dal latino. Dall’Isolotto “isola felice” durante l’alluvione a Firenze del ‘66, che aiutò gli sfollati diventando centro di smistamento, alla pubblicazione sulle pagine della rivista L’Espresso del “nuovo catechismo” ispirato alle idee del Concilio Vaticano II; dalla trasformazione degli edifici ecclesiastici in casa-famiglia per giovani orfani o migranti, alla creazione di un proprio archivio e notiziario di quartiere, per gestire i momenti di attenzione internazionale. Fino agli episodi chiave del 1968 con la contrapposizione alle decisioni del Vescovo e la conseguente rimozione di Don Mazzi, l’occupazione della Chiesa e la resistenza alle provocazioni, che portò alla conquista della piazza come luogo altro, orizzontale e aperto a tutti.

 

Dopo la proiezione, Rita Rava, architetta ed ex Presidente dell’Ordine, modera una conversazione con alcuni rappresentanti della comunità dell’Isolotto“La voglia di raccontarci – essi dicono – si lega ai vissuti personali entro una trama collettiva che ha generato consapevolezza, partecipazione e che ha reso il territorio dell’Isolotto protagonista di conquiste ed esperienze sociali innovative nella recente storia di Firenze. L’obiettivo è anche quello di offrire alle generazioni che non hanno vissuto o conosciuto tutto questo una chiave di lettura che permetta di trovare nella narrazione ragioni per leggere e affrontare le sfide del presente”.

 

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