di Stefania Galante
Sarà aperta sino al 15 dicembre, negli spazi presso la Biblioteca Nicola Bernardini in P.zza Giosué Carducci di Lecce (ex Convitto Palmieri), la mostra, “conVivere”, dei prodotti degli studenti del corso di Product I e II dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, realizzata in collaborazione con la Fondazione Casa della Carità di Lecce, l’Accademia della Casa della Carità, il Polo Biblio-museale della Regione Puglia e con il patrocinio gratuito dell’ADI Delegazione Puglia e Basilicata.
conVivere, verbo latino che significa ‘vivere insieme’, è la parola che riassume l’importanza del vivere in comune per la costruzione orizzontale di una comunità, quale quella della Casa della Carità, ma che rappresenta, nello stesso tempo, le relazioni che gli studenti hanno stretto con gli ospiti, ascoltandone il vissuto e le esigenze. Da questi rapporti sono nati gli oggetti della quotidianità e i progetti volti a risolvere alcuni dei loro bisogni primari, in grado, inoltre, di comunicare gli aspetti emozionali che sono derivati da questa esperienza, accomunati da un sentire corale che mette al centro la vita e le persone.
Oggetti “mediatori, ma anche portatori e attivatori di valori, diventano la base sulla quale articolare le questioni politiche e sociali, assimilabili al concetto di res in res publica, “cose” attraverso e sulle quali discutere, confrontarsi e contribuire al dibattito politico.” Oggetti che “assumono un nuovo ruolo, non più relegati a quello di semplici output di un processo progettuale, ma veri e propri dispositivi sociali in grado di dare inizio a nuovi processi di riflessione e di sviluppo all’interno delle comunità.”(1)
Il progetto ha messo in luce l’importanza, che, già durante la formazione, i futuri designer siano portati a sviluppare la capacità di lettura critica dei contesti sociali e di vita, che siano sollecitati a leggere e comprendere i reali bisogni della contemporaneità, e ad usare il design come strumento per generare risposte alle questioni che la società ci pone.
Design etico, design umanitario, design per la collettività, design di pubblica utilità, design per l’utenza ampliata, e design per la sostenibilità, sono solo alcune delle denominazioni che ha assunto la progettazione indirizzata al “bene comune” e a creare le migliori condizioni di vita per le persone, e che affonda le radici negli anni sessanta, quando emersero una critica alla diffusione delle merci e alle pratiche di consumo e la necessità di una progettazione orientata alla responsabilità sociale e ambientale, soprattutto attraverso i testi di Victor Papanek e Tomás Maldonado, Design for the real world e La speranza progettuale, pubblicati in contemporanea nel 1971.
Sebbene nel corso del tempo sia più volte emersa l’attenzione di progettisti, scuole e gruppi per tematiche e ricerche volte al sociale e alla sostenibilità, si può dire che la design revolution, immaginata da Papaneck, deve ancora compiersi. Il mondo neoliberista ha continuato, infatti, a concentrare potere e ricchezza nelle mani di pochi, ha creato disoccupazione, sottoccupazione, marginalizzazione e, come reazione, l’involuzione antidemocratica in diverse parti del mondo. La vita è condizionata dalla competizione e dall’efficienza economica e dalla conseguente disgregazione sociale, desertificazione negli ambiti pubblici e relazionali, e mercificazione dei beni comuni.
Tuttavia, si sta, progressivamente, consolidando un paesaggio sociale dinamico e variegato, composto da persone creative e intraprendenti che trovano nuove soluzioni, basate su valori individuali e sociali, e, allo stesso tempo, riconnettono persone a luoghi, generando fiducia reciproca e capacità di dialogo.(2)
In questo paesaggio, il design, oggi, svolge un ruolo centrale, essendo diventato, come riferisce Joseph Grima, architetto e direttore creativo alla Design Academy Eindhoven, “qualcosa di più che semplicemente una pratica di problem solving, ma quanto più l’espressione dell’ordine politico e filosofico del mondo. (…) il ruolo del progettista in generale – che sia architetto o designer o altro – è di cercare di salvaguardare una dimensione etica della collettività, per produrre una realtà che sia equilibrata, nell’interesse di tutti, espressione di quella che in inglese viene chiamata social justice. E che sia la materializzazione delle nostre massime aspirazioni”.(3)
[1] M. Moretti, Socio- Social- Design, Mantova, 2019
[2] E. Manzini, Politiche del quotidiano, Ivrea, 2023, p.17
[3] JoeVelluto (a cura di), Design in pratica. Pratiche di design virtuoso, Milano, 2024, p.65 pubblica
conVivere
da un progetto di
Accademia di Belle Arti di Lecce
Scuola di Progettazione Artistica per l’Impresa
Corso di Product Design
A cura di Stefania Galante
con la collaborazione di Valeria Gaetani
In collaborazione con
Fondazione Casa della Carità, Lecce
Polo Biblio-museale Regionale, Lecce
Patrocinio gratuito di
ADI Associazione per il Disegno Industriale, Delegazione Puglia e Basilicata
Espongono
Mariapia Barrecchia, Erika Calogiuri, Clara Cisternino, Letizia Nicole Congedo, Francesco Conte, Robert De Paolis, Giacomo Pio Greco, Marta Lomartire, Vincenzo Luchena, Francesca Marinò, Rossella Martina, Ilaria Perrone, Pietrangelo Pezzuto, Mariantonietta Pungente, Ludovica Quarta, Valentina Scarci, Giancarlo Vincenti
Biblioteca Nicola Bernardini
Piazzetta Giosuè Carducci, Lecce
15 novembre – 15 dicembre 2024
Orari lun-sab 17-20