Restauro dell’archivio di Santa Maria ai Monti-Roma

 

Nella sagrestia della chiesa di Santa Maria ai Monti, il giorno 22 maggio, monsignor Francesco Pesce, parroco e responsabile dell’Ufficio diocesano per la pastorale sociale, del lavoro e cura del Creato, il dott. Domenico Rocciolo, direttore dell’Archivio storico del Vicariato di Roma, e Alessio Camminati, responsabile dell’archivio, hanno presentato i “lavori di riqualificazione realizzati per la tutela e la valorizzazione dell’Archivio Storico Parrocchiale”, com’è scritto nella locandina d’invito. Il filo della memoria ha percorso tutti gli interventi secondo due diversi registri: la grande storia, scolpita nella pietra di cui è fatto uno dei capolavori del tardo rinascimento romano, la chiesa di Santa Maria ai Monti di Giacomo Della Porta e presente nella bolla pontificia del 25 marzo del 1960, con la quale il papa san Giovanni XXIII la elevò a titolo cardinalizio; la piccola storia, o meglio la storia dei piccoli, che l’Archivio Parrocchiale s’incarica di custodire.

Introduce l’incontro monsignor Francesco Pesce che ringrazia quanti hanno reso possibile il recupero. Le funzioni di un archivio parrocchiale, afferma, sono spirituali e culturali, contenute nella memoria storica, religiosa e civile del popolo di Dio che si accompagna sempre, nel cristiano, alla gratitudine e alla preghiera. Memoria viva e presente che bene è rappresentata dalle parole di padre Turoldo: “Voi che l’avete intuito per grazia continuate il cammino, spargete la vostra gioia, continuate a dire che la speranza non ha confini”.

Il dott. Domenico Rocciolo ribadisce l’importanza della realtà parrocchiale nel rievocare le testimonianze di pietà, come rapporto tra Dio e la sua creatura in un luogo e in un tempo determinati in quanto, la parrocchia ispira la preghiera e la riflessione sulle generazioni che ci hanno preceduti. Nelle carte degli archivi sono custodite la meraviglia e la luce di Dio, che fanno del documento una vera e propria testimonianza (quella più nobile e gloriosa) della fede e della pietà, come affermato nel Primo Sinodo Diocesano di Roma concluso nel 1960 da Papa San Giovanni XXIII. Il Codice di Diritto Canonico del 1983 riafferma l’importanza dell’archivio, invitando le parrocchie ad avere il tabulario con i documenti ecclesiali, i registri dei battesimi e da questo punto di vista, profonde ragioni ecclesiali legano gli archivi al vissuto della comunità, mantenendo vivo il senso della tradizione, il cui scopo è imparare da chi ci precede, lungo il cammino della evangelizzazione. A tal proposito, è importante ricordare la storia di Santa Maria ai Monti, seconda chiesa gesuita di Roma, edificata da Giacomo Della Porta alla fine del ‘500 per ordine di Papa Gregorio XIII che, costruita su un monastero di Clarisse, accolse l’immagine miracolosa della Vergine, allora lì presente (tutt’oggi conservata al centro del presbiterio) e che, per iniziativa di Urbano VIII, riunì al suo interno le diverse realtà ecclesiali e assistenziali presenti nel rione Monti, tra cui la Pia Casa dei neofiti e dei catecumeni istituita da Paolo III. Tra le memorie che l’archivio conserva c’è quella preziosa che riguarda la causa di beatificazione di San Benedetto Giuseppe Labre, il santo mendicante detto il “vagabondo di Dio”, le cui spoglie riposano nel transetto della chiesa.

Alessio Camminati conclude gli interventi ripercorrendo gli eventi che hanno portato al restauro dell’archivio parrocchiale e le linee guida dell’intervento. Solo ad ottobre del 2024, tutto il patrimonio documentale della parrocchia si trovava chiuso in armadi, inaccessibile alla consultazione ed in condizioni precarie. L’azione di recupero si è resa così necessaria e si è svolta lungo le seguenti direttrici: raccolta fondi da investire nella sala d’archivio; rinnovo degli arredi; organizzare la sala in modo che conservi il carattere polifunzionale oltre che di studio.

I documenti propriamente parrocchiali sono compresi tra fine ‘800 e primi ‘900 fino agli ’90, ovvero all’avvento del digitale. L’archivio si compone di sette fondi. Il primo, denominato fondo parrocchia comprende quattro serie, che al loro interno custodiscono: i registri dell’apparato sacramentale e della benedizione delle case; dal 1916 i percorsi e i documenti preparatori per la festa patronale; documentazione amministrativa, riferimenti alle associazioni parrocchiali e le confraternite di suffragio; infine, una nota che emerge nell’analisi del materiale custodito riguarda il linguaggio che, nel ventennio assume il lessico del regime. Il secondo fondo riguarda le pergamene e i documenti preziosi tra cui si cita la bolla pontificia d’erezione del titolo cardinalizio, di cui sopra. Gli altri fondi sono: il fondo vincenziano, il fondo S. Benedetto Giuseppe Labre, quello fotografico con ancora le vecchie lastre, il fondo musicale, il deposito; è inoltre presente una sezione biblioteca con circa 1300 volumi. Infine, resta, come impegno, il restauro dei labari processionali. Alessio Camminati conclude ricordando come ogni documento custodito testimoni momenti di vita e, da questo punto di vista, l’archivio vuole essere un luogo vivo, accessibile e consultabile.

Claudio De Meo

 

 

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