Situata all’ingresso di uno dei più popolosi quartieri di edilizia residenziale della città di Foggia, più comunemente chiamato CEP, la chiesa di Sant’Antonio da Padova emerge con tutta la sua forza ed unicità tra i blocchi in linea regolarmente distribuiti tutt’attorno.
Opera del progettista Davide Pacanowski(Łódź, 1905 – Roma, 1998), appare immediatamente evidente che l’autore stesso cerchi di offrire con questo lavoro un autentico tributo al maestro del ‘900 Le Corbusier, presso il cui studio parigino ha lavorato nei primi anni ’30 come ingegnere specializzato nella sperimentazione delle molteplici possibilità del cemento armato.
La chiesa, circondata su tre fronti da un ricco ed ampio cortile di pertinenza, utilizzato come giardino per la comunità di fedeli, si presenta all’osservatore con un’interessante e, di certo, suggestiva immagine che riconduce senza ombra di dubbio all’architettura del Maestro.
La copertura è un guscio in calcestruzzo armato come la celebre chiesa di Ronchamp e, come nel capolavoro francese, poggia in buona parte sulle pareti curvilinee che abbracciano lo spazio sacro. Eppure qui il guscio non ha la leggerezza delle strutture naturali (quelle dei granchi che Corbu raccoglieva in Costa Azzurra) ma diviene vero e proprio spessore sul fronte principale esposto sull’alberata via Filippo Smaldone. Quasi un grande risvolto di contenimento delle acque meteoriche che sporge e si appoggia, sui due lati dell’ingresso, a consistenti colonne all’esterno dello spazio sacro, rastremate verso il basso quasi a riconnettere il guscio di copertura con il suolo.
Il gioco di forme differenti e l’iconica composizione sono chiaramente sottolineati anche dalle rifiniture esterne che vedono il contrapporsi della grigia, asciutta e liscia superficie del guscio di copertura in cemento armato contro il più caldo colore dei blocchetti in cls prefabbricato “plissettato” che conferiscono ruvidezza alle pareti curve.
L’apertura sull’interno dischiude uno singolare spazio sacro, curvilineo e irregolare, caratterizzato da due principali elementi formali e costruttivi: le possenti pareti laterali curvilinee, schermate dallo stesso rivestimento esterno in blocchetti portato all’interno, e il disco di copertura internamente caratterizzato da un contemporaneo cassettonato, inclinato con decisa elevazione verso l’altare, sul cui candido fondale campeggia un originale crocifisso “dalla mano alzata”.
L’attacco tra la copertura e le pareti perimetrali è sottolineato da sottili fasce finestrate da cui penetrano i raggi solari (di giorno) o che vengono evidenziate da scelte illuminotecniche contemporanee (di notte) a rammemorare il riferimento al monumento del Maestro, in cui la luce naturale filtra attraverso una sottile asola vetrata continua.
Un’atmosfera organica in cui all’interno si strutturano i numerosi spazi di servizio alle attività di culto come i confessionali, racchiusi nei possenti puri perimetrali.
A completare e chiudere l’isolato all’interno del quale si colloca la chiesa, si evidenzia anche la presenza di spazi e volumi di pertinenza: un edificio a due piani adibito a canonica, posto sullo stesso fronte principale, parallelamente al viale, e immerso nel giardino, e un campo da calcio alle spalle degli edifici, frequentatissimo dai giovani del quartiere.
La Chiesa, situata nella periferia meridionale della città, fu voluta da mons. Giuseppe Lenotti, arcivescovo di Foggia, che il 1º giugno1966 la affidò all’Ordine dei Frati Minori indicando come progettista Pacanowski: il 24 giugno 1972 fu benedetta e posata la prima pietra. I lavori si conclusero il 13 giugno 1979, con l’apertura al culto.
L’architetto e ingegnere polacco (con genitori e sorella scomparse in un campo di sterminio durante la Shoah), naturalizzato italiano, nel dopoguerra ha operato in area napoletana, realizzando Villa Crespi e Villa Maderna entrambe sulla collina di Posillipo, collaborando con architetti come Carlo Cocchia e Michele Capobianco.
Carlo Pozzi,
Gaia Vicentelli
(dottore di ricerca Unibas -Matera)
Le foto sono di Gaia Vicentelli