VALERIO ADAMI: Amore, Razionalità’, Tradizione ed Estasi in mostra al Palazzo Reale di Milano

 

 

“Credo di essere nato con una matita in mano” raccontava Valerio Adami intervistato nel suo studio parigino due anni fa.

La matita, afferrata per vocazione o per caso, lasciata correre su fogli e tele, intrisa di mitologia e di haute culture, non si è mai separata dal suo elegante proprietario.

Oggi -fino al 22 settembre 2024- i racconti di Valerio Adami e la sua indagine sessantacinquennale ai limiti della pittura figurativa sono in mostra presso il Palazzo Reale di Milano con una personale a cura di Marco Meneguzzo.

Attraverso le oltre settanta tele ed i cinquanta disegni esposti è possibile ripercorrere la vocalità artistica di Adami: condensazioni di sentimenti ed esperienze, incontri e mediazioni con il “divino” sono protagonisti ed accompagnatori di un viaggio che ha la sua aurora a Bologna nel 1935.

Presto trasferito a Milano con la famiglia, Adami cresce in un clima culturale fertile e prezioso: il nonno paterno, che discorreva con il solo utilizzo del latino e si fingeva sordo per protesta ai nuovi costumi, costringe -o spinge- il piccolo Valerio a confrontarsi con il disegno come forma di comunicazione.

È così che linee e punti subentrano precocemente alle parole di Adami, assumendo vocalità e valore semantico, divenendo non “segni che esprimono” ma “forme che si esprimono” (Focillon).

Formatosi presso l’Accademia di Brera sotto la direzione di Achille Funi, sviluppa il concepimento della linea -che ha nascita nel punto- come movimento naturale in grado di suggerire spazi, tematiche ed idee.

L’idea ed il disegno, a sostegno delle tesi di Federico Zuccari, sono in Adami “scintille della divinità”, enunciati formali che utilizzano l’irreale per indicare il vero.

Sui passi della cultura neoplatonica rinascimentale, Valerio Adami riconsegna valore assoluto alla superficie bidimensionale del disegno puro, ritrovando nel punto e nella linea la consapevolezza dell’eidos, dimensione incorporea ed eterna degli elementi: a ciò è imputabile l’arguto titolo della mostra, “Valerio Adami, pittore di idee”.

Negli anni ’50, terminata l’esperienza presso la bottega del Carena e conclusi gli studi in Brera, Adami dà inizio ad una ricerca pittorica personale distaccandosi dalla tendenza astratta ed informale dell’epoca.

I suoi quadri con fondi neri degli anni Cinquanta (La Giostra, 1957) sono esemplificazione del desiderio di ricostruzione dello spazio e della formulazione di un nuovo linguaggio figurativo.

I numerosi viaggi, la passione per la musica (alimentata dalla madre Jolanda, pianista), l’incontro con Bacon, Kokoschka e Matta influenzano in maniera determinante i primi passi nella pittura di Adami: a partire dagli anni Sessanta il colore è segno emotivo per eccellenza delle sue tele e diviene destino del disegno così come “il disegno è destino del colore”.

In questo contesto Valerio Adami si avvicina ai segni distintivi della pop art: se acrilici accesi e piatti, tratti forti e soggetti urbani divengono leitmotiv del suo linguaggio, i riferimenti al mito ed alla leggenda, alla tradizione ed al neoclassicismo, gli consentono di mantenersi distinto rispetto all’identificazione in correnti a lui contemporanee.

In questi anni inizia il ciclo dei “ritratti letterari”, il cui maggiore esempio è identificabile nel “Ritratto di Nietzsche” (1966); negli anni settanta l’interesse di Adami si sposta verso la “Figuration narrative”, corrente nata in Francia che, utilizzando elementi provenienti da stampa, pubblicità e cinema, muove un’aspra critica alla società consumistica che si afferma a partire dal dopoguerra.

I decenni successivi sono per Adami tempo di maturazione della sua ricerca pittorica e, senza abbandonare un’incessante sperimentazione -vedesi l’utilizzo della macchina fotografica per realizzare “Latrine in Times Square” (1968) o “Vacanze nel deserto” (1971), lungometraggio sperimentale girato in 16mm- definisce i tratti di una pittura figurativa colta ed approfonditamente pensata.

Fondamentali per la sua formazione sono i numerosi viaggi ed il dialogo con culture lontane, “la cosa che più mi ha nutrito” racconta Adami stesso: gli anni a Londra, il trasferimento nel ’66 a New York, il Sud America ed ancora Parigi, Marocco ed India, della quale si innamora profondamente.

Alla dimensione metropolitana ed ai viaggi esotici contrappone lunghi periodi di silenzio e ricerca presso la villa di Arona della moglie Camilla Cantoni Mamiani della Rovere.

La pittura di Valerio Adami, che l’amico Octavio Paz definiva “di enigmi evidenti”, è un incessante viaggio alla ricerca di idee e sensazioni che si ricompongano nell’atto artistico, con la parallela proiezione del mito e del mondo classico nel presente per ricercarvi insegnamento e suggestioni.

Gli acrilici su tela sfolgoranti, ricomposti elegantemente dal tratto significativo del disegno, si sottomettono al principio generatore ed ordinatore della pittura stessa: la linea.

L’ARTE, che per Adami è acronimo di Amore, Razionalità, Tradizione ed Estasi, si propone come strumento per ritrovare e preservare la memoria: Mnemosine è presenza costante nell’opera di Adami, e trapela nella raffigurazione delle idee.

Riccardo Giana

 

 

 

 

Installation view ‘Valerio Adami. Pittore di Idee’, 2024, Palazzo Reale Milano.

Foto Gabriele Leonardi. Courtesy Archivio Valerio Adami

 

 

 

 

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