Sono edifici donati da Pio X per le aree colpite dal sisma del 28 dicembre 1908, con struttura in legno e rivestimento in lamiera. Alcune di queste sono ancora in funzione e se ne attende il restauro
di Renato Laganà
Il terremoto del 28 dicembre 1908, che colpì duramente l’area dello Stretto con le città di Reggio Calabria e di Messina e le loro provincie, distrusse gran parte del patrimonio edilizio degli edifici di culto, che in gran parte risaliva al periodo della ricostruzione tardo settecentesca dopo il precedente sisma del 1783.
Si salvò soltanto una piccola parte delle chiese più antiche ed ai margini dei centri danneggiati vennero realizzati insediamenti provvisori per ospitare le popolazioni rimaste senza abitazioni.
Il Santo Padre, Pio X, delegò mons. Emilio Cottafavi, della diocesi di Reggio Emilia, a coordinare i soccorsi e ad individuare nella città e nella Diocesi di Reggio rimasta priva del suo arcivescovo, dopo la morte del cardinale Gennaro Portanova, avvenuta alcuni mesi prima del terremoto.
La prima struttura ad essere realizzata, a cura dell’esercito che prestava i soccorsi coordinato dal Generale Mazzitelli, fu la Cattedrale Baracca , realizzata nella piazza antistante l’antico Episcopio. Completata nell’aprile 1909 per assicurare le celebrazioni della Settimana Santa e della Pasqua.
Seguì successivamente l’inaugurazione della Cappella di San Marco all’interno del quartiere baraccato costruito dal Comitato Veneto Trentino) e successivamente la chiesa baracca in Cannitello, realizzata dal Comitato Piemontese. Seguì, dopo un mese, il montaggio dei primi padiglioni donati dal papa, che mons. Cottafavi destinò all’Opera Pia la Provvidenza gestita a Reggio dalle Suore di Carità.
Per risolvere il problema di assicurare alle comunità parrocchiali un luogo di culto Mons. Cottafavi, accompagnato dal conte Zilieri, acquistò dalla ditta inglese Mac Mhanus le chiese baracca, strutture prefabbricate realizzate in legno e rivestite in lamiera.
Tra il 1909 ed il 1911 in ogni centro dell’area terremotata vennero montate le nuove strutture. Fu lo stesso mons. Cottafavi ad inaugurarle con solenni cerimonie di consacrazione. Il 15 maggio veniva inaugurata la prima chiesa baracca sulla via Reggio Campi, accanto al distrutto Monastero della Visitazione. Dalle pagine del settimanale cattolico Reggio Nuova così il Sac. Giorgio Calabrò, direttore della testata, commentava la veloce costruzione: “vedemmo in pochi giorni sorgere questo primo padiglione – chiesa dovuto alla solerte Impresa inglese Mach Mhanus e ne ammirammo la sveltezza del disegno, la solidità della costruzione, la finitezza dei particolari, la bellezza dell’insieme”. Seguirono a distanza di giorni la chiesa baracca di S.M. del Soccorso, nella zona Sud di Reggio, le chiese di Bagnara e Villa San Giovanni, la chiesa di Condera, le chiese di Armo e S. Caterina, quella di S. Filippo e Giacomo a Reggio e di Gallico Superiore.
Tra il settembre e la fine del 1909 furono montate altre sedici chiese (Pavigliana, Riparo, S. Prospero, Gallina, Melia, Villa S. Giuseppe, Gallico Marina, Lazzaro, Pellaro, Prunella, Pellegrina, Campo Calabro, Pezzo, S. Alessio, Fiumara, S. Lucia a Reggio).
Il giorno 8 dicembre veniva inaugurata la chiesa baracca di San Domenico a Reggio che insieme a quella di Gallina aveva dimensioni maggiori rispetto alle altre.
La tipologia corrente della chiesa baracca standard si legge ancora nella chiesa dedicata a San Giovanni nell’abitato di Scilla. Essa ha una pianta a croce latina con orientamento Sud -Nord. L’aula si sviluppa lungo la direttrice longitudinale terminando nel presbiterio sopraelevato su un gradino. Il braccio a sinistra ospita una cappella, mentre quello a destra è occupato dall’ambiente della sacrestia. La chiesa poggia su piccole partizioni murarie che isolano la pavimentazione in legno dal terreno sottostante. La struttura in elevazione è costituita da un sistema di pilastri lignei collaboranti con i pannelli lignei delle partizioni verticali esterne. Su di essi si poggiano, ad interasse di circa tre metri, le capriate lignee, con catena rialzata ed elementi tensori in tondino metallico. La copertura è costituita da un sistema di travetti longitudinali sul cui estradosso è fissato il tavolato sovrastato da lamiere ondulate. Sul colmo si aprono due torrini di forma circolare, in lamierino zincato, terminanti a cuspide, che consentono l’areazione dell’aula.