Il complesso parrocchiale di S. Paolo Apostolo a Frosinone

Agli appassionati di coincidenze, junghianamente intese[1] più che in termini di becera astrologia, segnalo il fatto che l’inaugurazione dell’Auditorium Diocesano nel complesso parrocchiale di San Paolo Apostolo a Frosinone, opera di Danilo Lisi -Domenica 9 giugno 2013- segue di poco l’insediamento di Papa Francesco -13 marzo 2013- che pare avere inaugurato -a sua volta- la cosiddetta “pastorale dei media”.[2]  Con il completamento dell’auditorium, si consegna alla storia uno dei più interessanti complessi parrocchiali post conciliari -dei tanti – realizzati nel Lazio.

Avendo trattato altrove degli aspetti simbolici del lavoro di Danilo Lisi [3], ivi rimando chi volesse approfondirne i contenuti (salvo pochi cenni ove necessario) per concentrarmi -piuttosto- su temi più propriamente architettonici.[4]

Situato nel quartiere Cavoni, in prossimità dell’attraversamento urbano della via Casilina, il complesso parrocchiale dedicato a San paolo Apostolo, fu inaugurato nel dicembre del 2005 dal Vescovo della Diocesi di Frosinone – Veroli – Ferentino, mons. Salvatore Boccaccio, “concludendo così,  con la sua realizzazione , il progetto voluto dalla diocesi e, sopratutto, dai fedeli del quartiere, che, dalla visita del Santo Padre Giovanni Paolo II,  nel Settembre 2001 , hanno dovuto attendere quattro anni circa per vedere realizzate le loro aspettative.”[5]

Assai chiaro il tema urbanistico -la cittadella quadrata- nella quale i singoli edifici si compongono  a formare uno spazio urbano nel quale il quadrato generatore è interrotto sullo spigolo nord orientale e ricomposto tramite l’inserimento di un cilindro e di un cubo (aula liturgica e auditorium), che si confrontano specchiandosi nella rotazione dell’atrio del salone che si torce a fronteggiare la Porta della Chiesa con le opere parrocchiali a fare da contorno (vedi FIGG. 1-2); proprio l’edificio delle opere, con i suoi semplici prospetti “urbani” a finestre prevalentemente quadrate e la tinteggiatura in azzurro cenerino, che si confronta con il pallido colore della pietra, alla maniera settecentesca, contribuisce a rimarcare il senso di compiutezza del complesso, conferendogli un’aura di Metafisica, in un complesso gioco di rimandi, che va dalla Torre Rossa di De Chirico, al quale Lisi evidentemente si ispira, passando per le coeve affabulazioni del Modernismo italiano (penso soprattutto a Terragni), fino al  quartiere Gallaratese di Aldo Rossi; il tutto in un contesto di palazzine residenziali assai ordinarie, che conferiscono al complesso un tono di spaesamento, creando -di contro- un forte senso di appartenenza per la comunità dei fedeli, che trovano in esso una mèta straordinaria, quasi una anticipazione della Gerusalemme Celeste. E avendo citato Aldo Rossi, a rammentare la sua poetica degli Archetipi, non posso non segnalare che il quadrato, preso a modello compositivo dall’Autore, è tema architettonico ed urbanistico per eccellenza; giacché son quadrate le torri e le città turrite; le corti ed i chiostri – in senso lato tutti i complessi monastici; i portici di accoglienza, gli atri i vestiboli e molte delle architetture disegnate in guisa di maison carré, che riconducono al quaternario fondamentale[6], archetipo di qualunque architettura che faccia del quattro la sua cifra significante[7].

L’idea di Luogo è ulteriormente ribadita dall’uso sapiente dei materiali e dei colori, che rimarcano le simbologie già espresse in forma geometrica. Il cilindro dell’aula poggia su un basamento di pietra sponga che ne ribadisce la tettonica, pur nella sua vocazione celeste, che del cielo reca il segno vuoi nella circonferenza generatrice, vuoi nella sequenza delle dodici aperture a significare dello stretto legame col ciclo delle stagioni e dello zodiaco,  vuoi –infine- con il bel rosone che sovrasta la finestra termale. È del colore delle terre il salone parrocchiale che si lega alle opere che –in un continuo rovesciamento di senso[8]– sono del colore del cielo a significare che il magistero della chiesa ci riporta comunque a colloquio con i cieli superni, auspice la magnifica vetrata a sette specchiature, come sette sono i “cieli planetari”.

L’impianto liturgico dell’Aula è di tipo post-conciliare, con l’Assemblea compattata intorno al Celebrante, che sul bema si muove agevolmente fra i poli maggiori: l’altare in asse con la porta, rettangolare tendente al quadrato, l’ambone scultoreo, la sede. Tutti disegnati dal progettista che li abbozza  in forma quasi definitiva fin dai primi schizzi. Di suo pugno anche il disegno del fonte, dovrei dire piuttosto del battistero, che ha il paramento esterno in ruvida pietra, tre grandi vetrate ed una serie di piccole finestre con scorniciature in travertino. La semplice penitenzieria, scomposta in due confessionali, affianca la porta maggiore.

Pur operando Lisi nell’ambito di un linguaggio a cavallo fra il modernismo de “i volumi puri sotto la luce” e del post-modernismo alla Ridolfi, non nega il suo legame affettivo con l’architettura del ventennio, come si evince chiaramente dalla sagoma del campanile, in acciaio Cor-Ten, che risuona delle suggestioni dei Libera e De Renzi alla esposizione universale di Chicago del ’32 (vedi FIG. 3) ed alla Mostra della Rivoluzione Fascista che si tenne a Roma, al Palazzo delle Esposizioni dal 1932 al 1934 (vedi FIG. 4); ultime testimonianze di una architettura che sapeva commuovere facendo ricorso ai segni, pur se a servizio di una liturgia profana.

[1] A proposito di sincronicità acausale, intesa quale coincidenza di due o più eventi atemporali, quindi non sincroni, legati da un rapporto di analogo contenuto significativo, cfr.  Jung Carl G., La sincronicità, Bollati Boringhieri 1980.

[2] Caverzan M., Le interviste e la pastorale dei media di Papa Francesco, in:

http://blog.ilgiornale.it/caverzan/2013/12/16/le-interviste-e-la-pastorale-dei-media-di-papa-francesco/ultimo accesso gennaio 2014.

[3] cfr.: Mavilio S., Quando il sapere era ordinato, scritto a commento di un opera di Danilo Lisi, in : Lisi D., La Geometria del Divino, Di Baio editore, 2009.

[4] Dove segnalo comunque la mia impossibilità a parlare di <architettura compiuta>, senza riandare al complesso apparato dei contenuti simbolici.

[5] La notizia è tratta dal sito web diocesano: http://www.diocesifrosinone.com/luoghi/vicarie/vicaria-di-frosinone.html, ultimo accesso, gennaio 2014.

[6] Relativamente alle reciproche relazioni fra il quaternario ed il denario ed alla “quadratura del cerchio”, cfr. Guenòn R., Simboli della scienza Sacra, op. cit.

[7] “La rappresentazione della <Gerusalemme Celeste> non è più circolare [come la cinta circolare del Paradiso Terrestre, n. d. A.], ma quadrata, poiché -per il ciclo in questione- è allora raggiunto l’equilibrio”. (Guenòn R. Il simbolismo della croce, Firenze Milano 2006, pag. 81)

[8] “Lisi predilige l’impianto circolare, tradizionalmente inconsueto e compositivamente insidioso” atto a “recuperare valenze simboliche a costo di spaesare dall’abitudine” (cfr. Chenis C., Criteriologia per un’architettura cultuale, in Lisi D., Quattro chiese – complessità dell’architettura di culto, Milano 2005)

 

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