Nel settembre del 2017, abbiamo ricevuto un messaggio da padre Cristóbal Jimenéz, il giovane prete gesuita che dirige il Centro de Espiritualidad de Salamanca (CES). Cercava idee per rinnovare due cappelle e ci ha suggerito di fargli una visita.
Abbiamo immediatamente capito la sua importanza. Salamanca è ricca e travolgente, ed è forse la più memorabile per la bellissima luce e per i colori riflessi sulla caratteristica architettura in pietra. Un dettaglio della cultura locale si è dimostrato provvidenziale per il nostro progetto. I muri di Salamanca sono spesso decorati con begli emblemi disegnati a mano, chiamati “victor symbols”: sono una sorta di tradizione dei graffiti dal XIV secolo, spesso in pittura rossa, che commemorano il traguardo del dottorato degli studenti.
Costruito nel 1923, il CES è un centro di ritiro per gesuiti che occupa un largo ed elegante edificio classico – sorprendentemente elegante per la sua modesta età. Oltre trenta cappelle sono distribuite nell’ampio spazio residenziale, sempre disponibile per la preghiera individuale o per celebrazioni private. La cosa che più colpisce è il silenzio che pervade il Centro, nel cuore di una città universitaria e turistica vibrante. Tutti gli anni, il CES offre servizi e silenzio a più di 6000 persone.
Trascorrere una settimana lì, lavorando ed incontrando Padre Jimenéz, ci ha reso immediatamente consapevoli che lo scopo non sarebbe stato quello di offrire delle cappelle convenzionali o delle stanze decorate. Lo scopo era quello di creare un’idea – di costruire un’idea, che avrebbe connesso o riconnesso le persone con le basi della loro fede cattolica.
Vedendo due cappelle, ci vennero in mente un paio di concetti di base: la caverna e la tenda. Entrambe sarebbero state degli spazi semplici e stimolanti costruiti con diversi materiali. Questi due spazi sarebbero stati la Cappella di Pietra e la Cappella di Stoffa, perfetti nella loro semplicità. La costruzione della prima, ora chiamata da Cappella dei Fondatori, è stata rinviata per accogliere finanziamenti che avevano urgente bisogno di manutenzione. La seconda, ora costruita, è diventata la Cappella dell’Incontro, oppure la Tenda dell’Incontro. Realizzata per necessità in tessuto, evoca la tenda di Mosè come luogo spirituale di incontro.
La semplicità progettata non è mai semplice da realizzare. In un luogo di ritiro usato così intensamente, le cappelle devono essere costruite e finite senza infrangere il silenzio che regna nell’edificio.
La Cappella dei Fondatori, non realizzata, evoca uno spazio primario dove una luce soffice e discreta entra nella stanza, riflettendosi su centinaia di frammenti di pietra di Salamanca. Conformata come una grotta, essa connette all’idea di un posto di ritrovo dove la nozione di “origine” potrebbe essere resa palpabile. Questo ricorda la stanza dove un gruppo di uomini si unì per la prima volta all’idea iconica di Ignazio di Loyola, fondando l’ordine gesuita. Come per i suoi graffiti spontanei, i frammenti di pietra sono stampati con le firme presenti sui documenti di fondazione dell’ordine, connettendo la cappella con quel momento iniziale. La presenza fisica di Cristo nel tabernacolo è stata espressa con un’anomalia nelle lastre e con una luce rossa che si muove senza forma. Incontrare il mistero non è piacevole. È qualcosa di momentaneo che non può essere domato né espresso pienamente. Si tratta di un malessere senza fine e di una sfida che richiede espressione.
Ora completata, la cappella “Tenda dell’Incontro” è stata disegnata e progettata nel nostro studio, tagliata e prefabbricata in un magazzino vicino a noi, e infine trasportata a Salamanca per essere assemblata. In un periodo di collaborazione e cooperazione intensa, abbiamo progettato personalmente il montaggio, abbiamo messo insieme i materiali – fabbricando le lastre, montando i cavi – e poi abbiamo organizzato trasporto e installazione entro la Pasqua.
“Mosè a ogni tappa prendeva la tenda e la piantava fuori dell’accampamento, ad una certa distanza dall’accampamento, e l’aveva chiamata tenda del convegno; appunto a questa tenda del convegno, posta fuori dell’accampamento, si recava chiunque volesse consultare il Signore.” (Esodo 33,7)
Nella tenda di Mosè, solo due elementi proteggono chi entra: il tessuto e la luce. Similmente, la nostra cappella elimina le immagini e gli elementi di distrazione, consentendo al Mistero che è nel tabernacolo di diventare l’unico punto focale – la presenza reale di Dio per quello che cercano un incontro.
Evocando la tenda di Mosè, la cappella è definita solo dalla luce e dal tessuto. Questi sono distribuiti lungo sette piani, realizzati con 956 veli traslucidi e delicati, tenuti in tensione dalla gravità. Seguono un preciso schema progettato per dare a queste pareti immaginarie un senso di massa, densità e spessore. Come nel Testamento, la luce e la forma indefinita sono strumenti che usiamo per definire il tabernacolo, riempiendo la stanza come se ci fosse un solo ardente, fervido, impetuoso, fiammante pilastro di luce.
Xavier Chérrez
traduzione cura di Eugenia Di Biase
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