Per una didattica innovativa
Il workshop Church for the Future tenuto presso la Scuola di Architettura Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni del Politecnico di Milano è un laboratorio intensivo di progettazione focalizzato sull’architettura liturgica e l’innovazione urbana, con l’obiettivo di riflettere sul ruolo degli spazi spirituali nelle città contemporanee. La sua quarta edizione, denominata Church for the Future. Bovisa Edition, si è svolta dal 5 al 14 febbraio 2025 rinnovando l’autorevole e illuminata collaborazione con la Conferenza Episcopale Lombarda, l’8Xmille della Chiesa cattolica e la Fondazione Frate Sole di Pavia, coinvolgendo ventidue studenti selezionati da un numero di candidature ricevute superiore a cinquanta.
Questo corso rappresenta quindi un’importante occasione per i giovani di confrontarsi con le sfide dell’architettura religiosa nel contesto urbano contemporaneo, promuovendo una visione aperta e innovativa dei suoi spazi; al suo interno si sperimenta inoltre l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa di immagini come stimolo per la progettazione architettonica, fornendo un immediato impulso al lavoro progettuale. L’integrazione dell’intelligenza artificiale nel processo creativo rappresenta un approccio all’avanguardia nell’architettura contemporanea, offrendo, in questo caso, nuove prospettive e strumenti per la progettazione di spazi urbani di comunione all’interno dei processi di rigenerazione urbana.
Uno spazio spirituale per la comunità studentesca nel Campus Bovisa
Il progetto di Renzo Piano Building Workshop per il nuovo Campus Nord Bovisa del Politecnico di Milano (si veda https://www.rpbw.com/project/campus-nord-politecnico-di-milano) è un ambizioso piano di rigenerazione urbana che mira a trasformare l’area cosiddetta “Goccia” in un campus universitario all’avanguardia, integrato nel contesto urbano e naturale circostante. Il masterplan copre una superficie di circa 32 ettari, prevedendo la realizzazione di venti nuovi edifici di quattro piani, ciascuno alto 16 metri, per un totale di circa 105mila metri quadrati di spazi destinati a aule, laboratori, residenze per studenti e aree dedicate a startup, ricerca e sport. Un elemento distintivo del progetto è la conservazione e valorizzazione del bosco spontaneo esistente, ampio 24 ettari, che rimarrà privo di nuove costruzioni o strade, fungendo da polmone verde per l’intero campus. Inoltre, le storiche strutture industriali, come i due gasometri, saranno integrate nel nuovo disegno, mantenendo viva la memoria storica del luogo. Il campus sarà energeticamente indipendente e a emissioni zero, riflettendo un forte impegno verso la sostenibilità ambientale, simbolizzato dalla monumentale copertura fotovoltaica sotto la quale si radunano le nuove architetture. I lavori di costruzione sono iniziati e si prevede il completamento entro il 2026. All’interno del nuovo Campus, l’inserimento di un aggregato spirituale rappresenterebbe un’opportunità per offrire alla comunità studentesca un luogo di raccoglimento, riflessione e preghiera. Questo spazio non dovrebbe limitarsi a essere un luogo di culto, ma si può configurare come un ambiente inclusivo e flessibile, in grado di accogliere la diversità culturale e religiosa presente nell’università. Il progetto proposto dal workshop si basa su una doppia anima:
• Uno spazio per la celebrazione cristiana, che mantenga una chiara identità liturgica.
• Un ambiente di meditazione e incontro interreligioso, che favorisca il dialogo e la condivisione tra persone di diverse fedi e culture.
La presenza di un’area di questo tipo valorizzerebbe ulteriormente il campus sotto diversi aspetti:
• Benessere psicofisico: il ritmo frenetico dello studio e della ricerca necessita di luoghi in cui poter staccare, ricaricarsi e ritrovare concentrazione.
• Inclusione e multiculturalità: il Politecnico di Milano ospita studenti e ricercatori da tutto il mondo, con sensibilità culturali e spirituali diverse. Un ambiente raccolto e accogliente favorisce il dialogo e il rispetto reciproco.
• Armonia con il contesto: un luogo di quiete si inserisce perfettamente in un campus che punta sulla sostenibilità e sulla qualità della vita e ha come riferimento, nelle parole stesse di Renzo Piano: la luce, il silenzio e la crescita spontanea.
Le due possibili collocazioni
1. Nel parco dei gasometri
o Questo spazio immerso nel verde rappresenta un contesto naturale e storico, perfetto per favorire la contemplazione e il silenzio.
o La vicinanza ai gasometri, simboli di un passato industriale trasformato in innovazione, crea un potente legame tra memoria e futuro.
o La posizione più appartata lo renderebbe un luogo intimo, ideale per chi cerca momenti di isolamento e pace.
2. Sotto la grande copertura fotovoltaica
o Questa area, altamente simbolica, rappresenta l’equilibrio tra tecnologia e spiritualità, tra innovazione e introspezione.
o Essendo un punto di snodo del campus, garantirebbe accessibilità a studenti e personale.
o La copertura fotovoltaica offre protezione e un’illuminazione naturale diffusa, favorendo un ambiente raccolto. ma integrato nella vita quotidiana del campus.
Entrambe le soluzioni permettono di inserire armoniosamente un luogo di preghiera all’interno del campus, rispondendo alle esigenze di studenti e docenti e rafforzando il valore del progetto come spazio inclusivo, sostenibile e attento al benessere della comunità.
Due logiche insediative per il nuovo spazio
1. Nel parco dei gasometri: integrazione con lo spazio aperto
o L’area verde offre un contesto naturale che favorisce la contemplazione e la connessione con il paesaggio.
o Il progetto può svilupparsi in continuità con il parco, creando una relazione fluida tra interno ed esterno, con spazi all’aperto destinati alla meditazione e alla preghiera.
2. Sotto la grande copertura fotovoltaica: flessibilità e modularità
o Questo scenario consente di immaginare diverse configurazioni aggregative degli spazi, adattandosi alle esigenze della comunità.
o La presenza della copertura garantisce protezione e un dialogo tra tecnologia e spiritualità, unendo l’innovazione con la dimensione umana e interiore.
Le proposte degli studenti
Area Park – progetto Chiara Brambilla, Margherita Guffanti, Maya Roufail, Erika Secchi, Giada Tricarico
L’edificio si distingue per la sua leggerezza e trasparenza, che trasmettono un senso di spiritualità e connessione con l’ambiente circostante. La struttura reticolare di legno funge da involucro permeabile, suggerendo un’idea di apertura e accoglienza, mentre le forme fluide interne, sono pensate di una membrana tessile. L’effetto complessivo è quello di un contrasto tra la regolarità della esostruttura e la fluidità del volume, suggerendo un’architettura sperimentale e interattiva che evoca un senso di intimità e raccoglimento. Ilvolume morbido rappresenta gli spazi principali dedicati alla celebrazione liturgica, offrendo un contrasto armonioso tra il razionale e l’organico, tra il fisico e il metafisico. Nella parte circostante, l’assenza di pareti solide e la permeabilità visiva invitano alla contemplazione e alla riflessione, rendendo l’edificio un luogo in cui la spiritualità non è confinata, ma si fonde con la natura e il cielo. La luce naturale gioca un ruolo fondamentale: filtrando attraverso la struttura leggera, crea un’atmosfera eterea e in continuo mutamento. L’edificio si inserisce delicatamente nel contesto paesaggistico del campus, in un’area verde e tranquilla, circondata da alberi. Il percorso di accesso pavimentato funge da transizione tra lo spazio quotidiano del campus e la dimensione più introspettiva dell’edificio, preparando chi entra a un’esperienza di raccoglimento. L’acqua che lambisce parte della struttura potrebbe simboleggiare la purezza, la riflessione e la rigenerazione spirituale, elementi spesso presenti nei luoghi di preghiera di diverse tradizioni religiose. Questo spazio di preghiera si presenta come un luogo inclusivo e interconfessionale, capace di accogliere persone di diverse fedi o semplicemente chi cerca uno spazio di silenzio e meditazione all’interno del dinamico ambiente universitario. La sua architettura che fonde leggerezza, trasparenza e forme organiche, esprime un metafora metamorfica di spiritualità aperta, in armonia con la natura e la comunità.
Area Park – progetto Giacomo Botter, Ludovico Bricolo, Adriano Carofiglio, Matteo D’Agnolo, Daniela Jamarillo, Lishun Xu.
In questa proposta lo scenario architettonico cambia a ogni passo, innestando gli spazi secondo la catena temporale di un sistema continuo di movimento verticale privo di barriere. Una struttura cilindrica di colore rosso terroso, immersa in un contesto naturale con alberi e un prato verde: così appare l’edificio che si erge su una base rialzata ed è accessibile tramite una passerella curvilinea che conduce all’ingresso sopraelevato. Alla base della struttura vi è uno specchio d’acqua che riflette il volume, creando un’interessante interazione tra l’architettura e il paesaggio circostante. Dal punto di vista tipologico il progetto appare del tutto inusuale pur presentandosi con un disegno arcaico, essenziale e scultoreo, punteggiato da aperture irregolari sporgenti che fungono da punti di osservazione. Il volume cilindrico e la finitura materica scabra conferiscono all’opera un aspetto monolitico e contemporaneo, con richiami all’architettura brutalista o vernacolare reinterpretata in chiave moderna, mentre il trattamento paesaggistico circostante è caratterizzato da organica naturalità, con alberi disposti in modo apparentemente spontaneo e un tappeto verde che si estende fino ai bordi dell’acqua. Salendo, la rampa diviene un avvolgimento geometrico lungo i setti disposti a triangolo che fondano la presenza del nuovo spazio di preghiera e generano gli ambienti per la celebrazione comunitaria. La proposta esplora la trasformazione delle pratiche liturgiche, inclusa la dinamica del rito, che non è più confinato in un unico luogo fisico, ma può spostarsi in contesti diversi per arricchire l’esperienza spirituale. Così la liturgia della Parola e quella Eucaristica avvengono in luoghi distinti e collegati, adattando lo spazio al tempo, in modo da rafforzare la partecipazione attiva della comunità. La luce slitta e si trasforma assieme al percorso, riverberandosi sulla superfici tattili, dall’alto o dai canons de lumière innestati verso il poli liturgici.
Area Underroof – progetto Aya Elgafrawy, Zahra Haghparast, Liya Omarova, Yao Li, Zehao Li.
Un’architettura moderna e altamente simbolica si colloca sotto la copertura del campus, composta da un reticolo di elementi metallici che sostengono i pannelli fotovoltaici, evocando un’idea di spiritualità contemporanea intrecciata con la sostenibilità ambientale. Il cuore dell’edificio è una rampa spiraliforme – una spirale di serenità – che collega volumi sollevati dal suolo, sostenuti da un’unica colonna centrale o pilastri inclinati, creando una sensazione di leggerezza e trascendenza. Le superfici lisce e geometriche rappresentano un rifugio spirituale, un luogo di raccoglimento che si eleva simbolicamente rispetto allo spazio circostante. Al piano terra, l’ambiente vetrato aperto funge da atrio e luogo di incontro, favorendo la socializzazione prima e dopo i momenti di preghiera. La presenza di vegetazione integrata crea un’atmosfera di pace e contemplazione, rendendo il luogo non solo un punto di riferimento spirituale, ma anche uno spazio per la meditazione e la riflessione personale, offrendo un ambiente inclusivo e aperto a studenti e docenti di diverse fedi e culture. La scelta di un’architettura sospesa simboleggia il dialogo tra il divino e il terreno, tra il sapere accademico e la dimensione spirituale e riflette un approccio consapevole all’ambiente, promuovendo un’idea di spiritualità che si allinea con i principi dell’ecologia e del rispetto della natura. Nel contesto del campus, questo spazio diventa non anche una rilevante figura architettonica che ispira silenzio, contemplazione e comunità. Una corrispondenza artistica accompagna le persone nel passaggio a terra sotto i soffitti sospesi e fino all’interno del “cubo” liturgico, dove ancora il soffitto è ispirato all’iconica “chiesa di vetro” milanese e della “sfera” del silenzio, in cui, invece, un sottile taglio nella struttura permette alla luce naturale di filtrare, proiettando un bagliore che rallenta il tempo, mentre e i confini tra il sé e lo spazio si dissolvono in un tranquillo stato di consapevolezza.
Area Underroof – progetto Alessia Daci, Ella Forsman, Syed Ali Imran, Edoardo Macellari, Lorenzo Sala, Androw Tanyous.
In questo caso, il progetto crea uno spazio architettonico flessibile e trasformabile, dove la relazione tra gli elementi volumetrici e il vuoto circostante assume un ruolo chiave. I grandi blocchi bianchi, racchiusi in un più ampio “recinto” trasparente, così come trasparenti sono tutti i livelli terreni degli edifici previsti nel campus, funzionano come spazi di preghiera autonomi, offrendo un ambiente raccolto e isolato per la celebrazione e la spiritualità. La loro disposizione apparentemente casuale crea un percorso fluido e aperto, permettendo alle persone di muoversi e sostare liberamente tra di essi. L’aspetto più innovativo di questa configurazione è la possibilità di sollevare gli involucri, rendendo l’intero luogo completamente libero. Questo suggerisce un sistema di movimentazione avanzato – basato su meccanismi di sollevamento idraulici o magnetici – che consente una riconfigurazione totale dello spazio a seconda delle necessità. Tale caratteristica rende l’ambiente estremamente versatile permettendo di ipotizzare diversi scenari d’uso secondo due prospettive:
• In assetto “spirituale”, i volumi fissi a terra creano delle cavità intime per la preghiera collettiva o intividuale.
• In assetto “aperto”, l’elevazione dei blocchi lascia un grande spazio unitario, adatto a eventi comunitari, celebrazioni o persino usi culturali e sociali.
La pavimentazione scura e riflettente amplifica l’effetto scenografico della trasformazione, accentuando la sensazione di leggerezza dei volumi interni quando vengono sollevati e divengono una sorta di baldacchini luminosi; infatti luminosità naturale assorbita dalla “teca” vitrea contribuisce ulteriormente a definire l’atmosfera meditativa e dinamica di un “luogo di luce”. Questa soluzione rappresenta un interessante esperimento di architettura liturgica adattiva, capace di rispondere alle esigenze mutevoli della comunità con un forte impatto simbolico: lo spazio santo non è fisso e immutabile, ma si adatta e si trasforma in base ai bisogni del momento.
Workshop didattico “Church for the Future. Bovisa Edition”, Scuola AUIC – Politecnico di Milano
Staff didattico: Tino Grisi con Francesca Daprà e Andrea Marcuccetti
Responsabile accademico: Marco Bovati
Docenti: Francesca Leto, Maria Pilar Vettori, Luigi Leoni, Laura Lazzaroni, Alessandro Andreini, Mario Nanni, Marco Borsotti
Ospite: don Marco Ruffini