“Papa Francesco e gli artisti. Intervista a Gian Maria Tosatti”

Intervista a Gian Maria Tosatti

Anzitutto, Gian Maria Tosatti, come ha reagito quando le è stato trasmesso l’invito all’Udienza Papale che si è tenuta nella Cappella Sistina la mattina di Venerdì 23 Giugno ?

“Con una certa sorpresa, devo dire. Non è certo un mistero che le strade dell’arte e quelle della Chiesa negli ultimi decenni abbiano rarefatto le proprie congiunzioni fino a ridursi a pochissimi fortunati episodi in cui s’è notato reale ascolto reciproco. Una chiamata in pompa magna come questa, invece, dichiarava la volontà di una inversione di tendenza. Un gesto credibile, che segue la nomina del Cardinale Tolentino de Mendonca al Dicastero per la Cultura e l’Educazione”.

«Aiutateci a intravedere la luce, la bellezza che salva» è una delle affermazioni-chiave del discorso di Papa Francesco a voi Artisti. Gian Maria Tosatti, che cosa l’ha colpita di più del discorso del Santo Padre ?

“Questa frase è emblematica, perché nessuno si salva da solo. Anche la Chiesa, che ha il compito di salvare gli uomini, deve farlo assieme agli uomini. D’altra parte, da anni dico che la bellezza è l’enzima che manda il pensiero in soluzione col sangue. E’ la molecola magica che sana la frattura millenaria tra la mente e il cuore. Ma questo non è certo solo pensiero mio. E’ quel che ci testimoniano anche John Dewey ed Herbert Marcuse nel ‘900. Il papa ha dimostrato di saperlo con una incredibile esattezza. Ha parlato dell’artista non con parole retoriche, ma con formule precise. Sapeva esattamente chi aveva davanti – quello che, in un vecchio articolo, definii l’esercito degli elfi. Ma in quello stesso articolo dissi che quell’esercito che combatte battaglie per salvare l’umanità – per salvare ciò che in noi deve restare umano – è in rotta da un pezzo. Sentirci chiamare per nome, credo sia servito anche a noi”.

Quale è a suo parere il messaggio di fondo che sta alla base delle parole pronunciate agli Artisti da Papa Francesco ? Quali sono le prospettive che a suo parere questo discorso apre ?

“Il messaggio è che in questo momento di profonda trasformazione del mondo (rivoluzione digitale, rivoluzione climatica, rivoluzione filosofica e grande crisi di identità per gli esseri umani), bisogna cercare di mantenere visibile la strada verso la grazia. Abbiamo attorno a noi infinite possibilità ed infiniti strumenti per diventare ogni giorno peggiori. Dobbiamo allora rendere ben visibili i sentieri che portano alle altezze. Il Vangelo è una di queste. La Chiesa tiene aperta questa strada da 2000 anni. Ma a Dio si arriva in molti modi. Anche l’arte ci porta verso l’«Amor che move ‘l sole e l’altre stelle» – d’altra parte queste parole e questa definizione dell’Altissimo sono di Dante e appartengono ad un grande poema politico.
Sulle prospettive, invece, c’è da discutere con maggiore attenzione. Un conto è auspicare un dialogo, un altro conto è portarlo avanti, anche a fronte di un silenzio durato troppo a lungo tra certi attori. La strada per tornare ad incontrarsi davvero e non cadere in una intesa di “facciata”, è lunga e tortuosa. Le tentazioni di arrendersi a soluzioni facili sono moltissime. Dobbiamo armarci da entrambe le parti di grande ascolto. La Chiesa non è solo il papa. E la Chiesa tutta oggi, è messa di fronte alle parole del pontefice ed è chiamata a riflettere sul fatto che artisti e religiosi sono al servizio della grazia, ma non sono la stessa cosa e non sono entità una subalterna all’altra. Oggi nel lavoro di alcuni artisti c’è una vera e profonda ricerca filosofica con cui la Chiesa può dialogare trovando il coraggio di un vero confronto”.

Il “Sacro” è una delle componenti della sua poetica, Tosatti. Basti ricordare l’opera “Sette Stagioni dello Spirito”, in sette capitoli, realizzata a Napoli tra il 2013 e il 2016. Quale è l’idea di “Sacro” che l’Arte può restituire alla Chiesa al giorno d’oggi ?

“In questi anni ho avuto delle esperienze terribili nel dialogo con alcuni vescovi. Mi chiedevano di “eseguire” una serie di “visioni” loro. Quasi come se mi stessero “dettando le opere”. Addirittura mi davano riferimenti estetici. Mi chiedevano di realizzare altari geometrici, crocifissi disumanizzati, stilizzati, capaci di perdere ogni contatto con l’umanità di Gesù. Mi sono sempre rifiutato. Dal 2005 al 2016 ho portato avanti due progetti autonomamente. Il primo, “Devozioni” (2005-2011) è stato un viaggio nei nodi centrali del Vangelo e si poneva come ricerca sull’identità dell’uomo moderno – di cui Gesù è stato l’archetipo fondante – e su quella di Dio. Il secondo progetto, “Sette Stagioni dello Spirito” (2013-2016), è stato un percorso sulle orme del “Castello interiore” di Santa Teresa d’Avila per suonare l’intera scala dell’anima umana. Sono stati cammini lunghissimi e impegnativi. Vere scalate come avrebbe detto René Daumal. La presenza del “Sacro” era immanente perché si trattava di vera ricerca e non di “adesione ad una estetica del sacro”. Certo, nessuna di queste ricerche è una risposta intera – come non lo sono neppure i libri dei grandi dottori della Chiesa o dei grandi filosofi se presi singolarmente -, sono frammenti di un discorso che va avanti da secoli e continuerà anche dopo di noi. Lo sforzo che possiamo fare, è proprio questo, infatti, provare a interrogarci, tutti assieme, a trarre dai nostri sforzi e dal nostro sudore anche una sola goccia di splendore. E questo sarebbe già il segreto per costruire un mare che ci porti lontano, verso un luminoso orizzonte”.

a cura di Michela Beatrice Ferri

 

 

le foto per gentile concessione dello studio dell’artista Gian Maria Tosatti

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