Pochi, pochissimi architetti sono stati in grado di concepire e conseguentemente di tramandare un corpus teorico come quello che il monaco benedettino Dom Hans van der Laan nei suoi anni di vita ha pazientemente costruito. Altrettanto pochi, senz’altro non abbastanza, sono stati i fortunati che hanno avuto la possibilità di recarsi a visitare le sue poche, ma senz’altro indimenticabili, opere architettoniche. Sporadici (insufficienti?) sono i casi in cui teoria e pratica di van der Laan sono stati approfonditi con la dovuta attenzione, fuori da traiettorie ideologiche e senza filtri culturali/linguistici: il lavoro di Tiziana Proietti, condotto tra l’Italia e l’Olanda durante gli anni del dottorato poi sfociato nel testo qui recensito, rappresenta un chiaro esempio di passione e dedizione verso l’architettura in primis, e nei confronti del lascito del maestro di Leiden in secondo luogo. Possiamo quindi ritenere quest’agile libretto denso di schemi, proporzioni, numeri, testi e piccole foto in bianco e nero un lavoro raro.
Potremmo anche dire giusto. A cominciare dal titolo in cui, secondo il parere di chi scrive, figura la parola chiave per descrivere l’opera di van der Laan, calibrata e scelta con sapienza tra le molte altre che avrebbero potuto occupare quello spazio in copertina: espressività. Termine che rimanda immediatamente ad una accezione, ad un modo di pensare ed esperire l’architettura legato ai suoi parametri estetici ed emozionali, magari fenomenologici ed “atmosferici”, ai quali però si perviene, come ampiamente descritto nel libro, dopo un paziente e sapiente percorso attraverso l’ordine, la matematica, l’euritmia, la proporzione, l’attenta osservazione. Esperienza dello spazio, percezione della forma e comprensione della grandezza. E la grandezza dell’architetto benedettino consiste certo nell’aver infuso nelle sue opere una carica espressiva quasi indescrivibile che pur può essere resa intelleggibile dall’analisi e dallo studio di dati oggettivi, di rapporti tra misure proporzionali.
Tutti costantemente a servizio dell’uomo. In tal senso quindi, l’architettura di van der Laan è strettamente Liturgica, secondo l’etimo originario del termine: leitos-urgia, a servizio del pubblico. Concepita per discernere ed innalzare la posizione dell’uomo. Ogni stanza, ogni volume, ogni spessore murario contribuiscono ad arricchire la consapevolezza dell’uomo all’interno dello spazio discretizzato dall’architettura che “misura” l’illimitatezza dello spazio della natura. Se osservato nell’ambito della fede a cui il monaco dedicò la sua vita, la sua architettura è un sublime sforzo di fondere in armonia grandezze apparentemente inconciliabili come quella umana e quella divina. E nella liturgia, stavolta nel senso d’uso corrente, s’invera la sua architettura; solo nel movimento e nella stasi, nei riti quotidiani dell’uomo nello spazio può avvenire la completa comprensione di tale sottile equilibrio. Evanescente eppure denso come incenso fenduto da un raggio di luce nella chiesa di San Benedetto.
Tiziana Proietti
Ordine e proporzione. Dom Hans van der Laan e l’espressività dello Spazio Architettonico. Quodlibet, Macerata, 2015.