“Tracce incise nel Tempo. Pagine di storia arborense”
La mostra che racconta frammenti inediti dell’Arcidiocesi di Oristano
A cura di Fabio Ardau
Il concept dell’esposizione vuole focalizzare l’attenzione sulla profonda spiritualità dei Sardi arborensi, perfettamente inseriti nei plurisecolari flussi di beni e uomini dell’Europa cristiana. Il percorso espositivo evidenzia le trasformazioni del territorio, utilizzando come strumenti di racconto degli splendidi artefatti: rari volumi, manoscritti, pergamene, paramenti liturgici, ritratti e memorabilia varia. Sono oggetti raramente visionabili, dei veri tesori che vengono restituiti alla comunità. Alcuni sono tornati nell’arcidiocesi dopo un recente restauro, altri sono ancora in uso liturgico e quindi difficilmente musealizzabili .
La galleria del Museo diocesano Arborense è stata scelta per ospitare la mostra. Grazie alla sua conformazione, lunga bene 66 metri, ha favorito la suddivisione dell’esposizione in varie aree create con delle pareti mobili.
Nella prima parte della mostra si parla dei “contenitori” che custodiscono questi tesori assegnando ad ogni Istituto uno spazio espositivo. Il primo è dedicato proprio al Museo Diocesano Arborense in Oristano, che ospita l’evento in programma fino al 16 gennaio 2023 (foto 02). La struttura è stata inaugurata nel 2015 in occasione dei quattrocento anni dalla traslazione delle reliquie di Sant’Archelao, patrono dell’Arcidiocesi e della città di Oristano. Si è scelto proprio di rappresentare il museo attraverso il simulacro ligneo di Sant’Archelao del XVIII secolo, attribuito alla bottega napoletana di Giacomo Colombo. Il restauro del 2018 ha riportato alla luce l’originaria damaschinatura a foglia d’oro e d’argento che caratterizza l’imponente statua.
Il secondo ambiente è dedicato alla Biblioteca del Seminario Arcivescovile, fondata fra il 1829 e il 1834 (foto 3). Fra i 35000 volumi presenti nel fondo sono state selezionate alcune rarità fra cui due incunaboli, i primi libri prodotti dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili nel 1400; la Bibbia Poliglotta, edita a Londra nel 1660; il Commento alla Carta de Logu dell’illustre giurista Girolamo Olives, pubblicato a Madrid nel 1567. Proprio la Carta de Logu, promulgata dalla giudicessa Eleonora d’Arborea alla fine del Trecento, ha una grande valenza per la storia isolana, considerata la più importante raccolta di leggi della Sardegna medievale e rimasta in vigore fino al 1827.
Il terzo spazio espositivo presenta l’Archivio del Capitolo Metropolitano della Cattedrale di Oristano, un luogo affascinate già dalla sua ubicazione, arroccato su una scala impervia al piano rialzato sopra la Cappelletta dei Canonici e l’Aula Capitolare. L’archivio è costituito da due ambienti a cui si accede tramite l’originaria porta dotata di due chiavi con un sistema di sicurezza a tre giri di mandata (foto 04). Proprio da questo spazio arriva il Manoscritto I, appena restaurato da Aldo Corazza. Il meraviglioso codice, così prezioso e affascinante nella sua complessità, presenta delle sfarzose miniature e ingenti materiali paleografici (foto 05). Fa parte dei tredici manoscritti liturgici custoditi fra i tesori della Cattedrale di Oristano, risalenti quasi tutti all’epoca del Giudicato d’Arborea.
Segue poi un’ampia area dedicata alle pergamene raccolte nel fondo dell’archivio capitolare, quasi tutte proviste di sigilli in piombo, cera, carta e altri materiali. Anche in questo caso, sono presentate per la prima volta dopo un restauro, una pulizia e un ricondizionamento affidato al professore Luca Becchetti (foto 6).
Le carte sono molto diversificate e possono essere sommariamente suddivise in Bolle Papali, Brevi Apostolici, lettere della Camera Apostolica, lettere patenti, atti notarili e giuridici, concessioni, diplomi. Sono tutti documenti di significativa valenza storico culturale, collegati direttamente o indirettamente all’Arcidiocesi di Oristano, che attestano il ruolo rilevante che il territorio arborense ha sempre avuto nel contesto della storia della Chiesa nazionale.
Fra le pergamene più singolari e graficamente accattivanti spiccano: la Bolla di Bonifacio IX del 1398, una perdonanza legata alle indulgenze, dove per la prima volta viene attestato il culto di Santa Maria Assunta ad Oristano (foto 07); la Lettera della Camera Apostolica del 1778 scritta dal presbitero cardinale Carlo Giuseppe Filippa di Martiniana, con uno maestoso sigillo in cera rossa pendente, contenuto all’interno di una salimbacca tonda color bronzo oro con coperchio (foto 08); i tre diplomi solenni della Cancelleria Sabauda, firmati dal re Vittorio Emanuele I nel 1810, che confermano i privilegi di Cavalierato e Nobiltà al canonico Luigi Tola, conosciuto per il suo lascito al quale si deve la costruzione della grande cappella dedicata a San Luigi Gonzaga nella Cattedrale di Oristano.
L’ultima parte della mostra mette in luce gli Arcivescovi, che si sono susseguiti negli anni nel territorio arborense. È stata creata una timeline immaginaria che attraversa il 1700 e il 1800. Si vuole evidenziare l’aspetto umano di queste persone che hanno marcatamente trasformato l’Arcidiocesi attraverso le loro opere sia sugli immobili, edificando e trasformando gli edifici principali del territorio; sia sui beni culturali mobili, commissionando sontuosi paramenti, argenti, statue, pitture. Fra i tesori esposti meritano particolare attenzione una Pianeta in ganzo, opera di manifattura veneziana degli inizi del XVIII secolo (foto 09); un Parato Pontificale in velluto cesellato cremisi del secondo quarto del XVIII secolo (foto 10); il ritratto di monsignor Giovanni Maria Bua del pittore cagliaritano Giovanni Marghinotti, il più prestigioso pittore sardo dell’Ottocento (foto 11); il Razionale, una inedita spilla da piviale dedicata all’Assunta, della prima metà del XIX secolo, in argento a sbalzo, martellato con lavorazione a foglia rivoltata e castoni colorati (foto 12). Questi oggetti originali appartenuti agli arcivescovi arborensi sono tracce lasciate dai nostri antenati, incise sulle matrici dei sigilli, che lasciano segni indelebili che valicano il tempo.