Pescara: la chiesa che parla con l’arte

di Leonardo Servadio

La chiamano le Chiesa del Mare: sta a Pescara, nello snodo ove si incrocia la litoranea con l’asse viario pedonalizzato che segna il cuore della grande città abruzzese. E sta divenendo uno scrigno doppiamente prezioso: oltre a ospitare il rito che anima la vita della comunità parrocchiale, è abitata da presenze di alto valore artistico, espressione di alcuni  pescaresi che sono entrati nell’empireo dell’arte. Ne parliamo col Parroco, nonché Vicario generale dell’arcidiocesi di Pescara-Penne, Mons. Vincenzo Amadio, che è stato il committente di quest’opera.

Monsignore, la chiesa del mare è stata a volte criticata, ad alcuni sembra eccessivamente prossima alla spiaggia…

 «La chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo avrebbe dovuto sorgere su un’altra area, che era già stata destinata, in via Carducci. Era persino già pronto il progetto ed era già stato approvato dalle Autorità competenti. Ma inopinatamente nel febbraio 1987 il Consiglio di Stato annullò il piano regolatore della città, stilato dal prof. Pietro Samperi, che prevedeva la collocazione della parrocchiale in quella posizione. L’area fu destinata ad altro uso. E per la chiesa dovetti ripartire da zero.

Interpreto come un segno della Provvidenza che nel 1996, una decina di anni dopo che dovetti rinunciare a costruire la chiesa là dove si era pensato, una parrocchiana facoltosa quanto generosa, decise di donare quest’area nella parte nord della piazza perché vi fosse costruita la chiesa.

Sorsero opposizioni, da varie parti, motivate da interessi totalmente estranei a quelli del servizio parrocchiale… Certo la chiesa è vicina alla spiaggia, è anche vicina a una zona commercialmente molto attiva della città… Ma qui sta il territorio parrocchiale, tra via Nicola Fabrizi, che corre parallela al litorale, e il litorale stesso. Dove mai dovrei collocare la chiesa?

Lo spazio ampio che la circonda contribuisce a metterne in rilievo la presenza; il fatto che si rivolga verso il mare costituisce un sovrappiù di significato; e, infine, il litorale non è luogo di perdizione, ma di svago e di lavoro. La presenza della chiesa è per tutti memoriale che la vita, oltre al lavoro e allo svago richiede attenzione alla comunità, preghiera, spiritualità…».

Visto che già esisteva un progetto, lo avete conservato, riadattandolo per il nuovo sito?

 «Assolutamente no. Il genius loci richiede sempre architetture appositamente pensate. Così decisi di raccogliere un gruppo di giovani architetti, quasi tutti neolaureati: erano sette e tutti assieme  arrivavano a sommare poco più di 150 anni. Paolo Cicoria, Alessandro Cognigni, Guido Crescenzi, Dante D’Agostino, Mauro Del Re, Italo Marchionni, Marcello Nimis. E mi misi al lavoro con loro e con una coppia di artisti, Guido Giancaterino e Gabriella Albertini. Ci riunivamo ogni due settimane, ci confrontavamo, ci scambiavamo idee mentre il progetto avanzava. Mi presentavano i loro disegni e li commentavo e suggerivo tematiche a carattere liturgico, teologico, simbolico che potessero orientare il loro ripensare al progetto…

Nel corso di parecchi mesi questo laboratorio ha portato a termine il progetto, studiato per riecheggiare l’immagine della nave, che sin dall’antichità è stata simbolo della Chiesa.

Oltre che nella forma, a pianta ellittica che si presenta come avanzando verso est (ovvero verso il mare) con la parte absidale come fosse una prua, il campanile che vi si accosta rimemora l’albero maestro dell’imbarcazione. Questo concetto è esplicitato da una citazione che abbiamo posto sopra il portale. E’ stata reperita in un frammento ritrovato a Spoleto e attribuito a S. Agostino: “Naviculam istam ecclesiam cogitate in turbatum mare navigantem” (Immaginate questa chiesa come una barca che avanza nel mare agitato”).

L’ispirazione che ci guidò durante il progetto fu una citazione biblica di Ezechiele, 47, 1,2 (“Mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno fino alla porta esterna che guarda a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro…”). Il rapporto tra l’acqua e l’edificio fu al centro della nostra attenzione».

C’è chi ravvisa una certa somiglianza con la chiesa del Villaggio Olimpico di Barcellona, costruita nel 1992…

 «Quella chiesa può essere stata una delle ispirazioni recepite dal team progettuale. Ma vi sono diverse chiese a pianta ellittica nel mondo, non è che  siano tutte riproduzioni le une delle altre… L’importanza delle chiese edificio, direi, prima che nella forma risiede nel senso. E l’originalità del manufatto non consiste nell’essere qualcosa di mai visto prima, bensì nel suo essere appropriato veicolo del messaggio che si vuole trasmettere. Qui direi che tutte queste condizioni si rispettino».

E vi sono molte opere d’arte…

 «Un’architettura di grande pregnanza simbolica, identitaria e segnica, qual è la chiesa, ha bisogno di opere d’arte significative. Qui abbiamo diverse opere del maestro Pietro Cascella, uno dei maggiori artisti pescaresi contemporanei (la croce esterna posta davanti alla zona absidale, verso est, e all’interno anzitutto la pavimentazione in cui si distingue un disegno dalle forme organiche che ricorda il pesce – ripreso poi nella pianta della chiesa, composta da Cascella con intarsi marmorei, appesa al lato dell’ingresso alla sacrestia – l’altare, il portacero, il battistero, l’acquasantiera), c’è un magnifico dipinto di Emilio Sobrero accanto al quale sta una Madonna con Bambino in teak opera di Antonio Quaranta. L’ambone è di Mauro Berrettini, le vetrate verticali sono di Gabriella Albertini, quelle della cappella eucaristica sono di Guido Giancaterino. Nella stessa cappella l’altare è di Cordelia von den Steinen. Vi sono altre opere di Vacre Verrocchio e Duccio Gammelli (davanti al portone principale e una porta interna); c’è  un crocifisso in terracotta di Rossella Circeo, una terracotta di Alfea Ciccone, un crocifisso ligneo di Michele Caporale e tante altre opere, meglio descritte nella presentazione elaborata da Gabriella Albertini.

Altre opere continuano a essere inviate, poiché ormai questa chiesa è vista come un luogo privilegiato per gli artisti. Se le riteniamo idonee, le accogliamo con gioia e vi troviamo una collocazione degna».

Sul piano abitativo e funzionale come si comporta l’architettura?

 «Anzitutto l’acustica: è perfetta. L’abbiamo studiata con attenzione sulla base di simulazioni computerizzate sin dai primi abbozzi. La copertura a travature lignee conformate ad ansa, memoria della chiglia, è di grande aiuto. La luce penetra dall’alto e in modo schermato, ben graduata così che il lucernario tondo che sovrasta l’altare ne esalti sempre la presenza. La luce è diffusa e mai giunge diretta là ove stanno le persone. Dipinge un chiarore diffuso e pacato. Lo spazio è decisamente ma silenziosamente eloquente».

Come mai il battistero è sopraelevato? Di solito viene posto in posizione ribassata…

 «L’ho pensato così, in modo tale che fosse alla stessa altezza dell’altare. In fondo che cos’è il battistero se non l’altare della risurrezione, che dialoga con l’altare del sacrificio? Battesimo e Eucaristia sono entrambi memoriale del mistero pasquale, cioè della morte e risurrezione di Cristo. Per questo ho pensato che potessero dialogare alla stessa altezza.

Il risultato è particolarmente evidente nelle celebrazioni dei matrimoni. Le coppie di giovani che celebrano il matrimonio, al momento di fare memoria del battesimo si recano in processione al battistero, insieme al celebrante. In tal modo la cerimonia risulta  molto più chiara e partecipata. Altrimenti questa parte del rito scivola via quasi inosservata…».

La chiesa e i suoi simboli

di Gabriella Albertini

La barca è uno dei simboli più significativi legati al nome di San Pietro, il pescatore di Galilea. Essa indica il “viaggio”, che ogni uomo compie nel tentativo di raggiungere Dio. Nulla di più coerente, in una città di mare come Pescara, che costruire una chiesa di fronte alla distesa adriatica, con forme, appunto, che richiamassero quelle di una nave. La chiesa è stata progettata con l’asse rivolto ad oriente, da dove sorge la Luce, Cristo Gesù. Il progetto è stato disegnato da un pool di giovani architetti pescaresi: Paolo Cicoria, Alessandro Cognigni, Guido Crescenzi, Dante D’Agostino, Mauro Del Re, Italo Marchionni, Marcello Nimis.

Si tratta di un complesso architettonico molto essenziale nella forma, tale da suggerire, esteriormente, il disegno della prua di una barca: pura nelle linee, chiusa come un blocco unico, segno di protezione e sicurezza. Il nitore delle superfici esterne è richiamato nella spazialità del chiaro interno.

Il ponticello, che evoca un percorso di ricerca, conduce al sagrato, costituito da una croce ideale, in travertino noce, intervallato da zone in quarzite dorata. Il ponte permette di andare da una parte all’altra e, nella sua simbologia, richiama il transito dallo stato umano a quello sovrumano.

Al di sotto di tale passaggio si stende un prato, la cui simbologia vive nel contesto degli elementi che fanno parte del paesaggio. L’estensione di terreno non coltivato, ricoperto di erba, porta lo sguardo e il pensiero alla serenità e alla quiete. Il prato propone un percorso ondulato, che ricorda un corso d’acqua, simbolo caratterizzante l’intero complesso architettonico. Molti pittori del Rinascimento hanno dipinto la “Madonna col Bambino” nel centro di un prato, a volte cosparso di fiori.

All’esterno dell’abside, si erge una colonna recante una Croce in aggetto (alta m. 4,90 su basamento di m. 1,08 x 1,08 x 0,47), opera di Pietro Cascella. Nel supporto che regge la Croce ricorrono forme anch’esse emblematiche. La sfera è il solido che contiene tutti i riferimenti appartenenti alla figura del cerchio: omogeneità, assenza di distinzione o di divisione, movimento circolare perfetto, immutabile, senza inizio né fine, continuo come il tempo. Inoltre rappresenta la perfezione e la totalità. Altro elemento ricorrente è il fiore, comunemente chiamato “rosa”, antico simbolo medioevale dei marmorari abruzzesi con un preciso riferimento alla vita.

A Est si staglia l’agile campanile, dove sono state disposte tre campane realizzate dalla ditta Merolla di Scafati (SA). La campana convoca in santa assemblea la comunità credente; essa, una volta benedetta, viene custodita come oggetto sacro.

All’ingresso, sul muro esterno è collocato un pannello in bronzo (m. 3 x 3) con la rappresentazione delle scene “La pesca miracolosa” e “Cristo cammina sulle acque”, bassorilievo di Vacre Verrocchio, deceduto nel corso del lavoro; l’opera è stata portata a termine da Duccio Gammelli.

Sul portale d’ingresso una frase di S. Agostino definisce la simbologia della chiesa: “Naviculam istam ecclesiam cogitate in turbatum mare navigantem”, (Pensate questa chiesa come una barca che naviga in mare agitato).

Varcato il grande portale, si percepisce immediatamente l’ampiezza dello spazio; lo sguardo si centralizza sul presbiterio e si completa il concetto dell’imbarcazione. Le pareti che determinano l’ingresso sono decorate da rosette in pietra, racchiuse in una forma quadrata, riprese dalle creazioni di Cascella. I piccoli ornamenti sono realizzati in positivo e in negativo, ovvero con la forma in oggetto o con la medesima in cavo.

La pianta ha la forma di un guscio, mentre il soffitto in legno propone palesi riferimenti a una struttura nautica, come profilo della carena di una nave. Nella forma ovoidale della pianta, inoltre, si potrebbe vedere la sagoma della “mandorla”; in tal caso è noto come essa, nella tradizione mistica, rappresenti il “segreto”, ovvero il “tesoro”, custodito nell’ombra, motivo di ricerca, perché una volta scoperto sarà sorgente di un grande “bene”.

Nella controfacciata interna sporgono travi portanti in cemento, base alla cantoria gradonata, che consente una visuale completa delle celebrazioni Alla stessa altezza e al piano inferiore, lateralmente, si aprono ampi varchi, testimoni di un passaggio interno praticabile (matroneo).

Vicino all’ingresso, a sinistra, si apre una porta interna, creazione di Duccio Gammelli, per l’accesso alle aule catechistiche e a quelle sottostanti l’intero edificio. Si tratta di una scultura in acciaio corten dipinta con colori appositi (altezza cm 280, larghezza cm 182). Nella raffigurazione si evidenzia la distesa del mare sul quale si eleva il sole: torna la simbologia dell’acqua e l’emblema della luce.

Entrando si evidenziano: a sinistra la cappella feriale e a destra la zona del fonte battesimale. La struttura architettonica trova un accordo perfetto con le sculture di Cascella, che stabilisce con la sua personalità un legame coerente tra i vari elementi della costruzione e l’arredo liturgico (acquasantiera, fonte battesimale, altare, cero pasquale) che porta la sua firma. Primo elemento di collegamento, sempre di Cascella, è il pavimento: fin dall’ingresso si stagliano larghe lastre di pietra, messe in obliquo. Esse avanzano con una disposizione che si potrebbe definire a “spina pesce”; i colori, alquanto scuri, tendenti al bruno e al viola, degradano di tono arrivando a un massimo chiaro quando si giunge al presbiterio: è il percorso che porta alla luce di Dio.

Dall’ingresso lato mare, nel corridoio, sulla parete destra, è collocato il bozzetto in pietra del pavimento dell’aula liturgica (cm. 97×141) dello stesso Cascella. Sulla parete di fondo il crocifisso in terracotta su croce lignea (cm. 154×122) di Rossella Circeo, che ha realizzato anche i candelieri in ceramica posti sull’altare maggiore e su quello della cappella feriale.

Appena si entra, sulla destra, vi è l’acquasantiera(altezza m. 0,90; diametro m. 0,65), che stilisticamente si armonizza con il fonte battesimale (altezza m. 0,99 – lunghezza m. 1,80 – larghezza m. 0,65 – diametro della vasca m. 0,88). Quest’ultimo è collocato su un piano rialzato a cui si accede da una rampa dolcemente inclinata; alla base il filo d’acqua ricorda la profezia di Ezechiele (47): dal lato del tempio esce l’acqua che feconda e guarisce. La forma, fortemente aggettante e di suggestiva espressività, anch’essa ripropone il tema della barca, con l’accenno alle onde del mare. Il contenitore dell’acqua battesimale, sul bordo reca l’iscrizione: Ad fontem aquae vivae renovatur originis dignitas (alla fonte dell’acqua viva si rinnova la dignità dell’origine); esso è uguale nella forma alla vasca dell’acquasantiera: raccolgono ambedue l’acqua purificatrice.

Superata la zona del fonte battesimale, nello spazio stabilito tra due piloni in acciaio su un basamento in cemento, si apre una larga parete sulla quale è collocato un maestoso dipinto di Emilio Sobrero (Torino 1890 – Roma 1964) dono delle nipoti Onofri. E’ la Deposizione, 1941 (olio su tela, cm. 300 x 400), opera largamente apprezzata, già esposta alla Biennale di Venezia nel 1942.

A destra, nel successivo spazio determinato dalle strutture portanti simili alle precedenti, è collocata la statua della Madonna con il Bambino, opera lignea intek, realizzata da Antonio Quaranta. L’altezza totale della scultura, compreso il piedistallo, è di cm 212 su base di cm 39 x 45. L’immagine è racchiusa in un’ogiva, la cui forma è accentuata dal movimento dell’ampio manto della Vergine. Il Bambino sgambetta giocondo tra le braccia della Madre, al cui viso accosta la guancia, proponendo, così, il tema ispirato alla “Madonna della tenerezza”.

In prossimità una scala conduce alla cripta, dove è collocata la Via Crucis di Mario Costantini: quattordici pannelli (bassorilievo in ceramica), ognuno misura cm. 42,50 x 33 x 2. Nella parte centrale un pannello in legno intarsiato di Anonimo (cm. 137 x 80), raffigurante la Risurrezione.

Attigua alla cripta un’ampia sala accoglie il Presepe permanente, realizzato da Guido Giancaterino e Antonio Tracanna. Nella sala accanto è già in allestimento uno spazio espositivo di opere pittoriche e scultoree a carattere sacro, da visitare su richiesta.

Tornando al piano superiore, In prossimità del presbiterio, a sinistra, è posizionato un organo meccanico del Settecento di scuola sorrentino-napoletana.

Nell’aula liturgica punto focale è l’altare (altezza m. 1,02 – lunghezza m. 2,08 – larghezza m. 1,07) con la mensa appoggiata su un blocco sapientemente sagomato, che ricorda la “grande pietra” posta a chiusura del sepolcro, fatta rotolare al momento della resurrezione. Nel cero pasquale (altezza m. 1,78 – diametro m. 0,54), anch’esso in pietra, si nota il ricorrente elemento simbolico della sfera e delle spighe. L’ambone (altezza m. 1,47), opera di Mauro Berrettini, sul leggio reca incisa l’ancora, emblema di fermezza e di fedeltà; nelle superfici laterali, in bassorilievo si stagliano l’uva, con le foglie di vite indicanti la grazia del Signore, e la melagrana, annuncio di fecondità, mentre la sua sfericità è l’espressione dell’eternità divina. Sull’elemento portante, che nasce dal basamento a forma di croce, è incisa l’espressione di fede di San Pietro, dopo una notte di pesca infruttuosa: In verbo tuo laxabo rete (sulla tua parola getterò la rete) (Lc 5,5).

La chiesa prende luce da un’ampia apertura circolare al di sopra dell’altare maggiore e da finestre continue disposte tra le due vele. Le aperture sono riprese, in prossimità del presbitero, nascoste dall’ultima trave del soffitto. Altra luce, elemento qualificante dell’aula liturgica, penetra da tre vetrate trapezoidali verticali, firmate da Gabriella Albertini, realizzate presso la vetreria artistica Camper di Maglione Anna e Tamburri Federico in Atri. Nella vetrata (altezza m. 11,67) accanto al presbiterio si configura un alto albero, ricco di foglie e di frutti: è l’albero della vita, che dalle radici affondate nel terreno si spinge verso l’alto, dove l’immagine del sole non appare immediatamente alla vista. Se nell’astro si vuole identificare la luce divina, è pur vero che essa non si evidenzia subito, ma deve essere cercata e conquistata come un grande bene (ci si collega, in un certo senso, al concetto del tesoro custodito nella mandorla). Un lieve paesaggio collinare, un fiume, foglie di piante acquatiche

e onde marine completano la composizione. Nella vetrata (altezza m. 8) accanto al fonte battesimale compare l’Angelo che ha liberato San Pietro. Egli reca le catene spezzate mentre entra discretamente da destra con un gioioso battito di ali; al di sotto la rosa, simbolo della vita; segue il pavone, segno di immortalità, emblema solare per lo spiegamento a forma di ruota della coda che, nel variopinto piumaggio, evoca il cielo stellato; infine le fiamme che derivano dal fuoco, altro elemento dai tanti significati, positivi e negativi, tra cui si potrebbero scegliere quelli dell’azione purificatrice e illuminante, slanciata verso la spiritualizzazione. La vetrata più piccola (altezza m. 6,50), quella situata in prossimità dell’ingresso, evidenzia la colomba, simbolo dello Spirito Santo; un alberello, le nuvole che annunciano l’acqua; infine, in alto, due corpi celesti.

Nella cappella feriale, sulla parete frontale, verso l’aula, è collocato il tabernacolo costituito da un basso cilindro in bronzo (diametro m. 0,58) su cui è rappresentato un pesce, simbolo del Cristo (dall’acronimo della parola greca Ichthus – Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore). Al centro della stessa superficie muraria è posto un crocifisso in legno (altezza cm 77 – larghezza cm. 66), opera di Michele Caporale (Notaresco 1899 – Pescara 1973). Alla sinistra è situato un bassorilievo in terracotta (d. cm. 50) di Alfea Ciccone sul tema della Sacra Famiglia. L’altare in pietra, con la mensa quadrata (m.1,50 di lato – altezza m.0,98), memoria della primordiale ara, propone nel basamento la raffigurazione in terracotta degli evangelisti nella visione dell’Apocalisse (l’angelo, l’aquila, il leone, il toro), opera di Cordelia von den Steinen. Nel pavimento cinque lastre uguali in pietra, disposte al centro dell’aula, a partire dal fondo verso l’altare, riportano il nome dei continenti; i colori sono degradanti e indicano, anch’essi, un tracciato di salvezza. Sulla parete laterale (m.2,70 x 11,55), per intero si dispone una vetrata istoriata, firmata da Guido Giancaterino, realizzata dalla citata vetreria. Nel grande pannello vitreo sono illustrati alcuni episodi della vita di San Pietro nella raffigurazione complessiva di quaranta personaggi: “La chiamata” (Mt 4, 18-19), “La pesca miracolosa” (Lc 5, 4-8), “Cristo cammina sulle acque” (Mt 14, 24-33), “Consegna delle chiavi a Pietro” (Mt 16,18-19), “La preghiera nell’orto degli ulivi” (Mt 26, 39-40), “Il rinnegamento di Pietro” (Mt 26, 65-75), “Pietro guarisce uno storpio” (At 3, 1-8), “Pietro guarisce con l’ombra” (At 5, 12-16), “L’Angelo libera Pietro dal carcere” (At 12, 5-9). Numerosissimi i simboli distribuiti nella rappresentazione di animali (pellicano, colomba, tartaruga, lumaca, conchiglia, gallo, pesci, cane, pecora), di piante (palma, pino, pesco, cardo) e di un paesaggio articolato tra l’acqua, il prato, il cielo, le colline, le case e il vicino insediamento urbano.

http://www.parrocchiasanpietroapostolo.it/

ALBUM

Foto esterne di A. Lardani  e G.Griffi    –   Foto interne gentilmente concesse dalla parrocchia San Pietro Apostolo

 

 

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